Questo articolo si concentra su due costruzioni participiali del greco antico che risultano essere strettamente correlate, in quanto coincidenti in termini funzionali, ma non formali: il participio predicativo, i.e. un participio che funziona come un verbo finito, e la perifrasi composta dal participio e il verbo ‘essere’. Entrambe le strutture possono essere caratterizzate da manifestazioni di ambiguità sintattica, sia a livello formale che funzionale. Quanto al primo, si è incerti se considerare alcuni participi in determinate condizioni come forme sintatticamente indipendenti o come componenti di una perifrasi. Sul piano funzionale, l’ambiguità concerne l’interpretazione sintattica di certi participi, il cui status di dipendenza è complicato da valutare con oggettività. In questo lavoro si analizzano queste manifestazioni di ambiguità, nel tentativo di appianarle o, quanto meno, ridurne la problematicità.
This paper focuses on two Ancient Greek participial constructions, which appear to be closely interrelated, inasmuch as they are equivalent in functional terms, but not formal: the predicative participle, i.e. a participle functioning as a finite verb, and the periphrasis made up of a participle plus the verb ‘to be’. Both patterns may be characterized by manifestations of syntactic ambiguity, on both the formal and functional level. As for the former, it may be problematic, under specific conditions, whether the participle should be regarded as a syntactically independent form or the component of a periphrasis. On the functional level, the ambiguity concerns the syntactic interpretation of the participle, whose dependent or independent status is complicated to assess in an objective way. In this article, I analyze these ambiguity manifestations, in the attempt of accounting for them.
Abstract
L’articolo intende portare nuovi contributi all’interpretazione di un luogo famoso dell’Ars poetica di Orazio (323 ore rotundo...loqui) in cui il poeta esprime apprezzamento e ammirazione nei confronti dei Greci per le loro nobili attitudini e le eccellenti realizzazioni sul piano artistico e linguistico-letterario. Qual è il preciso significato nel contesto oraziano? Quali sono i precedenti greci e/o latini di una formula destinata, come tante altre incisive espressioni del poeta, ad assumere valore di proverbio? Quale ne è stato l'impiego nella significativa ricezione umanistica e quali eventuali slittamenti di senso ha comportato? In particolare ci si sofferma su aspetti trascurati della terminologia retorica e critico-letteraria come volubilis/volubilitas, in relazione all’asianesimo e alla poetica dell’ispirazione divina.
This paper intends to make new contributions to the interpretation of a famous passage in Horace's Ars poetica (323 ore rotundo...loqui) in which the poet expresses his appreciation and admiration of the Greeks for their noble attitudes and excellent achievements in the artistic and linguistic-literary spheres. What is the precise meaning in the Horatian context? What are the Greek and/or Latin precedents of a formula destined, like so many other incisive expressions of the poet, to take on the value of a proverb? What was its use in the significant humanistic reception and what shifts in meaning did it entail? In particular, we focus on neglected aspects of rhetorical and critical-literary terminology such as volubilis/volubilitas, in relation to Asianism and the poetics of divine inspiration.
Facendo riferimento alla riflessione di Marcuse, il presente saggio intende sottolineare le ambiguità che caratterizzano il concetto di tolleranza, sia nelle definizioni del pensiero liberale che nel contesto del neocapitalismo. In questo contesto, secondo Marcuse, la critica della tolleranza deve infatti porsi come una messa in discussione di ogni idea di tolleranza intesa come pluralismo acritico, nonché di ogni pretesa puramente identitaria (o anche individualistica), che non sappia collocare la propria lotta in una visione di cambiamento generale.
Referring to Marcuse's reflection, this essay intends to underline the ambiguities that characterize the concept of tolerance, both in the definitions of liberal thought and in the context of the consumer society of neo-capitalism. In this context, the critique of tolerance must therefore pose itself, for Marcuse, as a questioning of every idea of tolerance understood as a-critical pluralism, as well as of every purely identity (or even individualistic) claim, that does not place its own struggles in a general vision of change.
Valerio Magrelli è uno dei più importanti scrittori italiani della nostra contemporaneità. La sua prima raccolta poetica, Ora serrata retinae, esce nel 1980 (e poi, a seguire, Nature e Venature, Esercizi di tiptologia, Didascalie per la lettura di un giornale, Disturbi del sistema binario, Il sangue amaro). Ma nel 2003 pubblica un libro in prosa, Nel condominio di carne, che segna inesorabilmente un momento di svolta per Magrelli, aprendo all’autore anche le vie della narrativa (si pensi a La vicevita, Addio al calcio, Geologia di un padre). Un testo davvero bizzarro, centaurico, tra prosa e poesia. Questa “prosa” sembra apparire “liberata” su due diversi piani: svincolata da qualsiasi tipo di convenzione propria dei generi della narrativa e, al contempo, espulsa fisiologicamente dallo scrittore, come una sua creatura scatologica.
Valerio Magrelli is one of the most remarkable italian writers of our times. His first collection of poems, Ora serrata retinae, came out in 1980 (and then he published Nature e Venature, Esercizi di tiptologia, Didascalie per la lettura di un giornale, Disturbi del sistema binario, Il sangue amaro). But in 2003 he published a book in prose, Nel condominio di carne, which inexorably marks a turning point for Magrelli and opened the universe of prose up to its author (just think of La vicevita, Addio al calcio, Geologia di un padre). A really bizarre work, centaurian, between prose and poetry. This “prose” appears to be “liberated” on two different levels: because on the one hand it is stranger to every norm of traditional novels and on the other it is physiologically expelled by the author himself, almost as if some sort of eschatological creature.
Come spesso accade nella lingua parlata di individui bilingui, anche nel caso degli italo-arabofoni, le forme di contatto linguistico sono frequenti. In primo luogo, questo articolo si pone l’obiettivo di condurre un’analisi linguistica dei fenomeni di contatto che si possono manifestare tra la lingua italiana e la lingua araba in caso di bilinguismo individuale. In secondo luogo, lo studio qui proposto affronta un duplice quesito: da una parte, si interroga sul livello di consapevolezza dei bilingui riguardo alle forme di contatto di cui fanno uso; dall’altra, cerca di comprendere in che modo il contatto linguistico si relaziona con l’aspetto identitario dei parlanti. Per indagare questi aspetti è stata scelta la metodologia delle interviste dirette a bilingui italo-arabofoni e la raccolta di corpora di lingua parlata in contesti che coinvolgono gli stessi intervistati. Tra i risultati emersi vi è il contatto tra le due lingue considerate a livello morfologico, una mancata percezione da parte dei partecipanti di una doppia personalità alternando le due lingue padroneggiate e una scarsa consapevolezza riguardo alle modalità con cui utilizzano i due sistemi linguistici che hanno a disposizione.
As happens in other bilinguals’ spoken language, language contact phenomena are frequent in the conversations of Arabic-Italian speakers who show different degrees of mixing between the two languages. The first aim of this article is to conduct a linguistic analysis of the language contact phenomena - such as code-switching and code mixing - that occur between Italian and Arabic languages in case of individual bilingualism. More precisely the case study proposed here aims to explore the level of language awareness displayed by bilinguals as concerns language contact. Moreover, the study intends to shed light on how language contact is related to the identity of the speakers. The methodology used to investigate these aspects is based on interviews to Arabic-Italian bilinguals and corpora of everyday colloquial language used by these interviewees. Among the results obtained there are forms of code-mixing between Italian and Arabic languages involving the morphological structure of the word. The data document a lack of perception of two different personalities by the participants when they use each language and a low level of awareness concerning how they use the languages that they master.