| Articolo sottoposto a Peer Review

Una prosa liberata. Nel condominio di carne di Valerio Magrelli

 ARTICOLO SCIENTIFICO

  • Data ricezione: 21/05/2023
  • Data accettazione: 22/06/2023
  • Data pubblicazione: 10/07/2023

Abstract

Valerio Magrelli è uno dei più importanti scrittori italiani della nostra contemporaneità. La sua prima raccolta poetica, Ora serrata retinae, esce nel 1980 (e poi, a seguire, Nature e Venature, Esercizi di tiptologia, Didascalie per la lettura di un giornale, Disturbi del sistema binario, Il sangue amaro). Ma nel 2003 pubblica un libro in prosa, Nel condominio di carne, che segna inesorabilmente un momento di svolta per Magrelli, aprendo all’autore anche le vie della narrativa (si pensi a La vicevita, Addio al calcio, Geologia di un padre). Un testo davvero bizzarro, centaurico, tra prosa e poesia. Questa “prosa” sembra apparire “liberata” su due diversi piani: svincolata da qualsiasi tipo di convenzione propria dei generi della narrativa e, al contempo, espulsa fisiologicamente dallo scrittore, come una sua creatura scatologica.

 

Valerio Magrelli is one of the most remarkable italian writers of our times. His first collection of poems, Ora serrata retinae, came out in 1980 (and then he published Nature e Venature, Esercizi di tiptologia, Didascalie per la lettura di un giornale, Disturbi del sistema binario, Il sangue amaro). But in 2003 he published a book in prose, Nel condominio di carne, which inexorably marks a turning point for Magrelli and opened the universe of prose up to its author (just think of La vicevita, Addio al calcio, Geologia di un padre). A really bizarre work, centaurian, between prose and poetry. This “prose” appears to be “liberated” on two different levels: because on the one hand it is stranger to every norm of traditional novels and on the other it is physiologically expelled by the author himself, almost as if some sort of eschatological creature.


Parole chiave
Keywords

1. Una trama traumatica

Magrelli conquistò definitivamente il terreno della prosa con Nel condominio di carne (2003)1, dopo essere stato fin dal 1980 (con Ora serrata retinae, il libro d’esordio, pubblicato a ventitré anni) un autore soltanto di opere in versi. Lo stesso Magrelli ha più volte affermato, per esemplificare la sua personale difficoltà con la scrittura in prosa, di non riuscire a trovare un nome proprio che lo soddisfacesse: «Arrivato al terzo, quarto libro di poesia, l’idea di scrivere un testo ‘Sergio aprì la porta’ mi paralizzava. Perché Sergio? E perché non Mario?»2. Ricollegandosi così anche alla famosa obiezione mossa da Valery al genere narrativo del romanzo: perché proprio la marchesa uscì alle cinque? E non il duca rientrò alle quattro? Il fulcro del problema era quello della credibilità dei suoi personaggi, che Magrelli provava a inventare e a cui non riusciva affatto a credere, e infatti in merito alla sua personale “difficoltà” con la scrittura in prosa l’autore ha più volte ricordato: «leggo molti più romanzi che non poesie. Solo che mentre amo l’arbitrio fatto da altri, non saprei produrlo personalmente»3.

Il primo approdo alla prosa è riscontrabile all’interno del terzo volume di versi, Esercizi di tiptologia (1992). Si tratta di due brevi prose, Alle lagrime, rovi e Rivelarmi al gelo (titoli che, tra l’altro, sono anagrammi del nome dell’autore), realizzate su sollecitazione dell’amico Celati, nel 1991, che invitò e spronò Magrelli a pubblicare due racconti per «il manifesto»4. La soluzione: raccontare episodi della propria quotidianità, deformandoli e rielaborandoli. Alle lagrime, rovi è difatti un testo dedicato al fumo, e Magrelli stesso ha diverse volte raccontato che in quegli anni non riusciva in nessun modo a smettere di fumare e che proprio così si accese la scintilla per il suo primo racconto in prosa. In Rivelarmi al gelo l’autore ripercorre la sua esperienza della pallanuoto, scegliendo dunque un’ulteriore traccia autobiografica. Poi, a seguito di una lunga gestazione durata circa dodici anni, viene pubblicato il primo libro in prosa, Nel condominio, ed ecco che il poeta Magrelli assume anche le sembianze del prosatore. Grazie alla «conquista della biografia»5 sono le malattie e i traumi vissuti e trasfigurati dal personaggio-Magrelli a prendere forma nella pagina. Traumi in senso corporeo e fisiopsichico. È questa la linea scelta per comporre una sorta di trama, una narrazione sui generis: «Non c’è trama, ma trauma: un esercizio di patopatia. Non c’è teoria, ma racconto di piccole catastrofi, giocate dentro gli spazi interstellari della carne»6. La narrazione è cronologicamente e sintatticamente frammentata, dunque il “trauma” dovrebbe essere inteso anche in questo senso: le pagine che si sgretolano; infatti la volontà di «ridurre al minimo indispensabile i verbi viene spinta alle estreme conseguenze. In questo senso il trauma […] sarà tanto quello del corpo […] quanto quello sintattico, di una prosa tutta apposizioni e correlativi oggettivi, e che si nutre di cozzi di parole, di associazioni foniche e concettuali»7. E i cinquantacinque capitoli, di breve e brevissima lunghezza, mettono in scena tutta una serie di mali, tribolamenti, operazioni, memorie dell’infanzia e dell’adolescenza, attraverso cui si esprime la natura metamorfica dell’organismo. Un’“autobiografia” che si fa “auto-biologia”8, diario di patologie. Dunque, dalla prima pagina, il corpo nelle sue forme mutanti si rivela il vero protagonista.

Elena Cappellini ha notato come «per Magrelli è prima di tutto il dolore ad avere la prerogativa di rivelare la presenza del corpo, costringendo il soggetto a pensarsi»9. Ma c’è di più: nel Condominio solamente il dolore e la malattia sembrano svelare la reale percezione del corpo, tant’è che lo stato di salute è definito nel testo «‘il silenzio degli organi’»10 (è la famosa frase di Leriche). È allora la malattia la vera colonna sonora del corpo: «fu il guasto la mia vera guida»11. Tuttavia questa volontà dell’autore, manifestata sin dalla copertina (con un’immagine radiografata del bacino di Magrelli in cui sono ben visibili due viti impiantate), di scendere negli interstizi della carne è in continua lotta con la sensazione di estraneità al proprio corpo («il corpo come condominio, che l’io abita non come padrone ma come affittuario»12). Quest’immagine del condominio è stata poi problematizzata brillantemente anche da Mario Inglese: «l’io deve in un certo senso negoziare una sorta di “coabitazione”, il più tollerante possibile, con la miriade di agenti biologici all’interno del proprio corpo. Da qui la felice metafora della carne come “condominio”»13. Il corpo è senza dubbio materialmente percepibile sia dall’interno che dall’esterno, ma allo stesso tempo è anche una sorta di sostanza aurorale, primigenia, misteriosa, un condominio colmo di infinite entità in eterna coabitazione. Relativamente a ciò, nota acutamente Gabriele Pedullà: «Magrelli apparentemente ci svela tutto di sé, sin negli aspetti più privati, eppure alla fine abbiamo l’impressione di non sapere quasi nulla della sua vita […]. La biologia nasconde la biografia»14. Trauma e frammentazione, pertanto, comprovano anche la diffrazione tra il soggetto e la propria carne.

Un ulteriore tratto però sembra ricollegarsi all’immagine dello sgretolamento e della lesione: si tratta delle pratiche della citazione e dell’autocitazione, a cui a buon diritto dedica particolare attenzione Federico Francucci. In effetti l’esercizio della citazione inizia a essere presente fin dalla seconda raccolta di versi, Nature e Venature (precisamente con otto citazioni, ognuna di esse a esergo); in Esercizi di tiptologia le citazioni aumentano (sette incorniciano Alle lagrime, rovi e, in toto, altre otto epigrafiche); fino all’exploit del Condominio. A titolo esemplificativo, la ripresa di Magrelli nel Condominio di alcuni versi di una sua vecchia poesia, Treno-cometa (in Esercizi di tiptologia), nel riferirsi alla malattia della discopatia:


È un male della distanza, per così dire, anzi, dell’eccessiva prossimità. L’attrito tra due giunti che si toccano, e il treno che si inceppa:
Venivo avanti con le ruote bloccate
Le vertebre contratte
le parole-trattino15.

Ma si trovano persino molti richiami a libri, film, scene e personaggi della letteratura16, a partire dal primo inserimento letterario, quello del mito di Tifone, il mostro delle forze vulcaniche e dei venti impetuosi, un essere tanto «complicato e fumigante»17, proprio come si vede, e si rappresenta, il narratore-Magrelli; o l’impresa di Ercole, nelle stalle d’Augia, che simboleggia, al capitolo VII, una specie di pulizia idrica per eliminare i prodotti di secrezione all’interno dell’apparato uditivo (“aquafan” esclama sarcastico!). Torna quindi continuamente la pagina, a un tempo, “a pezzi” e “di pezzi”. La trama è traumatica, lacerata, con frammenti ricuciti assieme che, in modo del tutto paradossale, riesce a trovare nel panorama della letteratura contemporanea una bizzarra coesione.

 

2. Vedersi

Sicuramente non esiste qualcosa che sia più nostro, più intimo, del corpo, come ha scritto Sergio Givone recensendo Nel condominio: «non solo il corpo ci appartiene, ma noi apparteniamo al corpo»18. E se res cogitans e res extensa in Ora serrata retinae esprimevano due dimensioni allora compatte e pacifiche, nel Condominio, come ha giustamente notato Inglese, «la materia si impone all’attenzione con inquietudine e persino drammatica evidenza»19 e ne scaturisce, utilizzando le parole di Franco Nasi, una «fenomenologia del corpo in soggettiva (una autoauscultazione e una autoscopia)»20. I protagonisti diventano ora il corpo e la materialità. È quindi il momento di interrogarsi sulla massa, precaria (come specifica Pedullà), che sostiene il pensiero.

L’autore inizia trattando la vista. Nei capitoli II-VI si viene a conoscenza del suo problema agli occhi, l’ipermetropia, e della fatidica visita dall’oculista in cui l’autore scopre di essere, da allora, condannato a vivere dipendendo da un oggetto (gli occhiali appunto): «ora avevo le protesi con cui guardare e traguardare l’arrivo di altre, infinite protesi. Quelle antenne sporgenti dai cerchi tarati e pesanti»21. E si nota come sia presente, fin da questi primi capitoli, un immaginario inerente al corpo inteso come condominio. Magrelli sa di essere costretto per sempre a vivere come in un palazzo in ristrutturazione, poiché gli occhiali assumono la stessa ingombrante presenza dei ponteggi davanti ad un condominio in rifacimento. Subito dopo si passa all’udito (capitoli VII e VIII) ed è a questo punto che troviamo una perspicace riflessione: «usate le cuffie, prendete la paletta e portatela via, questa cascata di suoni fecali, […]. Giorno verrà in cui il silenzio sarà un unico corpo sacro da venerare, in cui il rispetto del prossimo passerà per l’amore di questo pane della comunione, la sola ostia della sola vita civile»22. In effetti a Magrelli hanno da sempre toccato le questioni relative all’inquinamento ambientale e acustico («Negli anni ’70 giravo col fazzoletto nel traffico di Roma e venivo preso in giro. Per me lo scrittore è il cane che cade per primo, cioè il primo a sentire l’esalazione del veleno»23, una cavia). Il personaggio-Magrelli appare quindi estremamente ipersensibile nei confronti dell’ambiente circostante e a tal proposito, con un salto temporale, si pensi a Sopruso: istruzioni per l’uso (2019) dove c’è un’appendice, De roscitudine, dedicata a coloro che sono nati con i capelli rossi (come l’autore) e qui si trova per l’appunto il tema della loro «ipersensibilità al sopruso»24: viene evidenziata la loro «alta propensione per il melanoma e altri problemi cutanei, in primis scottature»25 e «la loro accentuata sensibilità per i cambiamenti termici, le ferite e la sensazione di panico»26. Poi, dal capitolo IX del Condominio, i protagonisti diventano la pelle e il tatto. Al lettore, dunque, sembrerà che Magrelli stia «ricostruendo una fenomenologia delle percezioni dei cinque sensi»27. Ma improvvisamente ecco che leggiamo nel capitolo XIII il racconto di un primo viaggio fuori dal corpo, a Montreal. Sembra allora spezzarsi quel filo che legava i capitoli. E la spiegazione di questi cambi improvvisi, di questi giochi di associazioni in libertà – come li descrive Nasi – è stata fornita più volte dall’autore stesso:


I libri di prosa sono quattro […]. Il primo libro si intitola Nel condominio di carne e sostanzialmente parla di tre soggetti che ho messo bene a fuoco attraverso l’idea della morra cinese: […] ogni elemento ne divora uno ed è divorato dall’altro, e sono l’infanzia, la malattia e i viaggi. Questi sono i tre capi del libro28.


E procedendo nella lettura del libro si prende consapevolezza di questa introspezione corporea possibile solo per flash, frammenti, epifanie. Il lettore si trova all’interno di un appartamento «in compagnia di un narratore che racconta dei propri condomini, compagni di una vita […]. Le tonsille, i calcoli, le giunture, la spina dorsale sono i condomini […]. Questo narratore-osservatore è l’io […]. Vorrebbe essere il proprietario dei proprietari, ma in verità è spesso impotente di fronte ai loro comportamenti che sembrano dettati dal caso»29. E infatti Nel condominio guarda sia all’immagine del formicaio presente in Erewhon (per l’idea di un corpo invaso da agenti estranei e piccolissimi, che anticipa anche il tema del logoramento corporeo post mortem) sia a Il condominio di Ballard (ambientato in un grattacielo all’avanguardia di Londra).

Un altro punto è centrale nella percezione, da parte dell’autore, del corpo e del sé: i circuiti chiusi della visione. Si pensi alla circolazione sanguigna descritta attraverso l’immagine di un tracciato anulare (un’«ininterrotta Indianapolis»30) e, nel capitolo L, all’episodio dell’artroscopia al ginocchio, in cui l’ouroboros egizio e il nastro di Möbius vengono richiamati alla memoria per visualizzare la scena di quest’intervento in cui il personaggio-Magrelli perscruta i propri abissi anatomici attraverso lo schermo dell’operazione. È un’introspezione carnale, ed è il narratore stesso che in questa prosa si paragona esplicitamente alla figura che più di tutte esemplifica l’essenza dell’atto introspettivo: «questa è la prima volta che sono giunto a comporre la figura perfettamente reclinata di Narciso alla fonte di sé, col volto chino a rimirare i propri tratti»31. La centralità della figura di Narciso è stata colta già da Cortellessa nel 2006, che ha parlato per Magrelli di uno sguardo riflessivo «soprattutto all’interno del sé […], in interiore homine»32. E poi Cappellini ha notato efficacemente come il guardarsi dentro dell’autore possa rimandare realisticamente al Narciso di Caravaggio, proprio nella «postura assunta dal narratore, curvo sul video del proprio ginocchio, e nel ruolo giocato dalla luce nella descrizione della scena»33. Questa fascinazione per l’autoscopia è stata indagata mirabilmente anche da Riccardi Donati: nel Condominio «lo sguardo s’inabissa, sprofonda nelle più recondite cavità del soggetto e, sfondato il muro delle percezioni lineari, attiva meccanismi di introversione o propriocezione endoscopica: ‘Sbieco, stempiato, sghembo, l’io mi guarda’»34. L’attrazione autoscopica è testimoniata e confermata anche dallo studio monografico di Magrelli su Valéry, Vedersi vedersi. Modelli e circuiti visivi nell’opera di Paul Valéry 35. La scrittura in tal senso diventa un modo con cui il soggetto riflette sull’immagine di sé e, allo stesso tempo, il tentativo di darne una rappresentazione. Proprio come Narciso, il personaggio-Magrelli è ripiegato sul proprio riflesso, mentre tenta, attraverso la scrittura, di descrivere quest’immagine rifratta di sé. Il procedimento ricorda quello della mise en abyme, per la rifrazione che si crea nella costruzione di tali scene (in cui il soggetto riesce a vedersi attraverso uno specchio e il lettore a visualizzare lo scrittore mentre cerca di rappresentarsi). L’immagine che Magrelli dà di sé però, come si è visto, non è mai nitida e le pagine del Condominio sembrano in effetti un susseguirsi di fotogrammi alla ricerca del Sé, in continuo mutamento e movimento:

 

Magrelli è giunto a caratterizzare sempre più palesemente il polo corporale della sua produzione sotto l’insegna della mostruosità, di quanto, cioè, recalcitra ai tentativi di dargli una forma, perché sempre eccessivo rispetto ad essa, sempre all’opera per cancellarne instancabilmente i confini36.

 

3. Una prosa liberata

Nel condominio è stato avvicinato spesso, e legittimamente, al genere dell’autofiction, ma senza nulla di fiction, ironizza l’autore37 (constatando: «se devo dire la verità, fino adesso la coincidenza tra me e la voce narrante è assoluta»38, ed è infatti visibilmente riscontrabile un’identità tra il Magrelli-autore, il Magrelli-narratore e il Magrelli-protagonista). Questo dato di fatto, ossia che uno scrittore sia anche il protagonista delle vicende narrate, ha sempre creato molti problemi nella distinzione, che forse nel caso di Magrelli appare quasi impossibile, tra fact e fiction. Si tratta però di un dibattito assai complesso e sottile, che quindi, in questa sede, non può che rimanere soltanto accennato. Ad ogni modo è proprio attraverso questo genere dell’autofiction che l’autore è «arrivato all’idea di una scrittura anfibia, nel senso che veramente oscilla tra versi e prosa»39. Nel condominio è una prosa centaurica che, alla stessa maniera della creatura mitologica che non appartiene del tutto al mondo umano né pienamente a quello animale (ma allo stesso tempo a entrambi), trae la sua mirabile potenza espressiva dal connubio di due forze accentratrici (la poesia e la prosa). Tant’è che le stesse raccolte poetiche di Magrelli sono permeate, al contrario, da un’innegabile tinta prosastica, come ha giustamente messo in rilievo Inglese, notando una «marcata disposizione antilirica nella poesia di Magrelli che deriva non solo dalla sua adozione di un punto di vista che potremmo definire “oggettivo”, persino distaccato, e dall’abbondanza di termini scientifici […], ma anche dalla deliberata soppressione di qualsivoglia forma di effusività sentimentale o soggettiva»40. Si potrebbero riprodurre numerosi esempi, ma a dimostrazione di tali considerazioni verrà qui ricordata una poesia di Nature e venature (1987), della sezione Fenomeni:

Qual è l’incarnato dell’onda?
Sotto il pelo dell’acqua,
pellicola, epitelio,
regna la trasparenza.
Non si intravede nulla,
c’è solo la materia che trascorre
con un colore mobile,
perpetuo41.

La poesia sembra infatti dissezionare l’oggetto onda (si noti, per l’appunto, l’attenzione per i termini medico-scientifici: incarnato, epitelio, materia), un’onda priva di sentimentalismi, descritta nella sua materialità e oggettività. Inglese a tal riguardo ricorda l’“avversione” dello scrittore per il neoromanticismo e la laurea in filosofia, prima del conseguimento del dottorato in letteratura francese. L’avvicinamento dello scrittore ai suoi oggetti poetici potrebbe infatti dirsi elettrofisico, piuttosto che lirico-sentimentale (caratteristica che nel Condominio raggiunge la sua massima espressione). E pensiamo a cosa afferma Magrelli in una conversazione tenuta con Francesco Diaco (2012):

 

il nostro paesaggio è fatto da ventilatori, da telefoni. Perciò bisogna parlare di questo, non dei gabbiani e del tramonto! […] A me interessa, paradossalmente, il pathos della tecnologia […] per me è fondamentale un simile atteggiamento di ricerca, di sintonizzazione di carattere neuronale-linguistico (non simbolico) col mondo42.

 

Lo stimolo quindi deriva in Magrelli dal cellulare che squilla improvvisamente durante la notte, dal cattivo odore dello smog prodotto dalle macchine, dalla scossa di due corpi che si toccano. E ancora:

 

Quando parliamo di antilirismo […], s’intende la mia contrarietà ad un lirismo d’accatto, ad un lirismo ottenuto attraverso il poetese condannato da Sanguineti […]; viceversa, a me interessa […] l’idea di affidare quest’onda, questa spinta sentimentale, al telefono, alla vecchiaia descritta come la carta smagnetizzata. Magari ci sono oggetti che, per pigrizia, non abbiamo ancora visto in una prospettiva poetica43.

 

Tradizionalmente noi siamo abituati a tenere distinti e separati i due poli della poesia e della prosa, ma nel Condominio si ha una «frequente fusione stilistica tra i due generi»44 e ciò ha prodotto, di conseguenza, ambiguità di categorizzazione per tale scrittura. Francucci, giustamente, ha scritto: «è come se le tipologie scritturali convergessero tutte, per certi versi, in un grande genere comune e de-generato. […] A tenere vicine le prose brevi di CC e le raccolte poetiche sta la presenza, nelle prime, di consistenti porzioni che si possono scandire in versi regolari»45. Rappresentativo al riguardo è un saggio di Lorenzo Flabbi del 2004 (provocatoriamente e giocosamente scritto in endecasillabi), in cui il critico riflette sugli aspetti prosodici contenuti nel Condominio, conducendo uno spoglio sistematico delle porzioni in prosa metricamente divisibili: «Magrelli scrive il primo testo in prosa / utilizzando il verso a cui più sfugge / quando va a capo prima della fine / del margine di destra della pagina: / ed ecco Nel condominio di carne / inanellarsi catene brillanti / di endecasillabi e di settenari»46. Flabbi in effetti nota come già dalle prime righe del Condominio si intuisce che il ritmo della prosa si sviluppa, in buona parte, su una cadenza dispari alternata di endecasillabi e settenari; si prenda ad esempio l’incipit: «Il mio passato è una malattia contratta nell’infanzia. Perciò ho deciso di capire come»47 e si riscriva così «Il mio passato è una malattia / contratta nell’infanzia. / Perciò ho deciso di capire come». Non dimenticando che tra i capitoli del libro sono incastonate qua e là anche vere e proprie poesie.

Questa mescidanza presente nel Condominio e il suo carattere tortuoso e singolare (vedi anche le vaghissime indicazioni temporali, l’abbondante sintassi nominale, le frequenti digressioni) non ha potuto non provocare una serie di interrogativi. È forse un prosimetro? Una poesia in prosa? Una prosa poetica? Che altro? Nel 2015 Magrelli a proposito di questa fluidità ha chiarito che si tratta davvero di «un’ibridazione. Non c’è un compromesso, […] la poesia e la prosa sono proprio due correnti che si intersecano»48. L’autore inoltre in più occasioni ha rivelato che la conquista di questa stravagante traccia compositiva è stata conseguente alla scoperta (folgorante) di due grandi scrittori, Michaux e Mandel’štam:

 

Ecco questi sono due immensi poeti, che hanno dato delle prove sublimi anche in prosa. Attraverso una prosa però molto particolare: una prosa che non è la poesia in prosa, il poema in prosa ottocentesco (da Baudelaire in poi), ma qui c’è qualcosa di più trascinante, delirante, che mi piaceva molto. Perché uscivano proprio dal solco, dal seminato. […] avevo queste due grandi guide, dei poeti-prosatori49.

 

Il primo e decisivo incontro di Magrelli con la prosa di Mandel’štam fu il capitale Viaggio in Armenia50. Ma imprescindibile, alla stessa maniera, è stato anche il rapporto istituito da Magrelli con il Mandel’štam saggista, in virtù non soltanto della sua infinita intelligenza critica ma anche della qualità visionaria della sua scrittura. In particolare è il Mandel’štam del Discorso su Dante51 a esercitare una profonda fascinazione su Magrelli:

 

Dante come geologo della lingua, che con il suo martelletto va saggiando gli strati paleozoici di questa formazione. […] Arriva poi a parlare della struttura della Commedia in maniera fantastica: […] come un aereo al cui interno avesse un’industria di aerei […] e che dallo stesso aereo madre facesse partire un aereo, dentro questo secondo aereo c’è un’altra fabbrica di aerei e così via, dunque ogni aereo è una terzina52.

 

Nella parabola di Magrelli, altrettanta attenzione merita Michaux: per la libertà con cui in Ecuador l’autore belga passa da un racconto di viaggio, a un appunto, a un sogno, a una poesia, a dei “botta e risposta”, con un susseguirsi rapido e vorticoso di pensieri, note, immagini, e dove molte pagine sembrano curiosamente somigliare ad una specie di block notes:

Sabato 11 agosto.
Ah! Ah!
Cratere? Ah!
Ci aspettava qualcosa di più serio……
Ah!......
Non ci dispiacerebbe scoprire qualcosa di più serio……
Cratere?...... Davvero? Ah!......
Noi siamo abituati ad esigere qualcosa di più serio.
Che cos’è mai questa sorta di ridente vallata?
Che ci sta a fare qui tutto quel ridente?
Quei giardini giapponesi di piante nane,
Quella specie di prato rasato (dall’inclemenza del clima, lo so ma che importa?)
Quei contorni come da aiuola? Quei muschi?
E quella quiete da interno, quel riparo,
Quel sito da picnic, quella primavera?
Non siamo venuti qui in cerca di primavera,
Siamo venuti in cerca di vulcano53.


Questo diario di viaggio è delirante e Michaux è un giocoliere delle forme. Nel 2015 poi Paolo Zublena ha giustamente osservato che «poeti che si erano mossi solo sul terreno dei versi si spostano verso una prosa che se non è proprio poetica in senso tradizionale, tuttavia non può essere rubricata sotto le consuete etichette della prosa narrativa: l’esempio più vistoso e cospicuo è quello di Valerio Magrelli»54 e riflettiamo su un ingegnoso discorso di Magrelli sulle eventuali descrizioni della forma della sua scrittura:

 

Io avrei pensato ad un’espressione volutamente improponibile come prosa versale, una prosa […] “abarthizzata”. Ai miei tempi quando non si portava il casco in motocicletta e i bambini di sedici anni avevano un motorino con il carburatore bloccato, la prima cosa che si faceva era togliere il freno al carburatore. E nelle macchine questo avveniva grazie ad una casa che si chiamava Abarth e le “macchine abarthizzate” erano delle macchine truccate. Addirittura si potrebbe parlare di prosa truccata, forse una prosa dopata55.

 

Non sarà azzardata quindi, per Nel condominio, la definizione di prosa “liberata”, nel senso di una prosa sui generis che si mostra indipendente, autonoma, svincolata da qualsiasi regola della narrativa tradizionale. 

 

4. L’urgenza

Ma si potrebbe rischiare di interpretare quest’assurda prosa “liberata” del Condominio con un’ulteriore sfumatura di senso, assai coerente con la produzione di Magrelli (un senso organico, fisiologico, tanto caro all’autore). Si partirà da alcuni lacerti del Condominio stesso. Al capitolo XLIII: «Ieri, nel traslocare, apro una scatola, e scopro l’intera raccolta delle lastre che mi vennero eseguite da piccolo. […] La forma morta di una forma viva. Eco? Feci, piuttosto; l’infanzia come escremento, pura scia»56. O, al capitolo VIII:

 

il rumore, […], appartiene alla famiglia degli escrementi? Chi ama emetterlo in pubblico, prova certo un piacere di tipo organico, ma tutti gli altri soffrono, costretti a subire gli effetti di un totalitarismo metabolico […]. Dunque, usate le cuffie, prendete la paletta e portatela via, questa cascata di suoni fecali, questa peristalsi di vibrazioni cadenzate, ogni colpo una stretta, uno strattone, una diarrea di suoni intestinali e succhi gastrici57.

 

Ancora, al capitolo XXVII:

 

Taccio e mi squaglio, mentre una parte di me viene giù lentamente, frana, e ora sono una piccola candela addominale consacrata al santo protettore dei disertori. Tale infatti mi sento mentre avverto la materia fecale che mi scivola lungo una gamba, selvaggina di passo e insieme offerta votiva. Un rettile?58.

 

Infine, al capitolo XL: «E i quadri di James Ensor? Un pittore nevrotico e frenetico, torturato da visioni mistiche e ossessioni scatologiche, un maniaco della scarnificazione»59. Gli esempi qui esposti mostrano in maniera evidente il vasto utilizzo da parte di Magrelli di tutta una gamma metaforico-terminologica appartenente al regno dell’escremento: l’infanzia come rifiuto, scia, che se ne va via, i rumori come cascate di suoni fecali, poi Ensor, ossessionato dalla scatologia, e l’idea stessa che gli uomini siano nient’altro che produttori di liquami. Tant’è che si ha «sempre o quasi sempre un moto che va verso il basso. Il corpo, a questo livello […] è un buco, una caverna oscura, un tunnel semintasato; e le esplorazioni non mancheranno di portare alla luce tante piccole cose disgustose»60. Magrelli sembra giocare con la materialità, avvalendosi di tutto un repertorio scatologico ed escrementizio. Si prenda il verbo latino excernĕre (da cui excrementum): propriamente significa far uscire fuori attraverso il setaccio, descrivendo quindi un processo di separazione, di raffinazione, e in effetti Magrelli descrive il defecare come una forma d’addio, nel mentre che lo spirito, di volta in volta, si purifica, e «la secessione di una parte dal tutto, annunciando il futuro disassemblaggio, fa da memento mori»61. I rifiuti, che il corpo elabora e poi espelle, sembrano diventare provocatoriamente le cose che si dovrebbero amare di più proprio perché sono, a tutti gli effetti, nostri prodotti.

Complichiamo ulteriormente la questione: può essere paragonata la scrittura in sé ad una sorta di creatura da espellere che si distacca dal poeta? Possiamo intendere Nel condominio come una prosa “liberata” (anche con quest’ulteriore senso)? E, più in generale, le opere letterarie, come sinonimo di espulsioni estetiche? Ecco che appaiono calzanti le riflessioni di Bernays (grecista tedesco di origine ebraica) che nel 1857 pubblica un saggio, suscitando non poche polemiche tra i classicisti, dal titolo Lineamenti del trattato perduto di Aristotele sull’effetto della tragedia, in cui propone una nuova e provocatoria teoria sul significato della dibattutissima κάθαρσις aristotelica: uscendo dal seminato, Bernays affermò che la famosa “purificazione delle passioni” non dovesse esprimere né la purificazione morale teorizzata da Lessing né un fenomeno unicamente estetico nei termini imposti da Goethe, e, distaccandosi da queste due magistrali tradizioni retoriche, arrivò alla conclusione che l’effetto della catarsi tragica sul pubblico doveva essere inteso proprio come spurgo, depurazione, «‘liberazione da un’affezione patologica’»62. La sua interpretazione è infatti materialistica (e non retorico-filosofica), e a prevalere è l’elemento pulsionale, euforico, carnale. E Magrelli in un librettino dal titolo Che cos’è la poesia? (uscito nel 2005), attraverso lo stratagemma dell’abbecedario, partendo dalla “A” di “autore” fino alla “Z” di “zeppa”, ragiona attorno alla definizione di poesia, e appunto alla lettera “U” si trova la parola “urgenza”:

 

‘Urgenza’ indica un moto, una pressione che spinge il poeta a scrivere in un dato momento piuttosto che in un altro. […] L’analogia fra la poesia e le feci compare naturalmente nelle avanguardie […], ma molto più sorprendente è ritrovarla in un autore post-simbolista come Paul Valéry. Una sua prosa intitolata Elementi fisici solleva infatti questa strana domanda: per quale ragione ciò che esce dal corpo dovrebbe essere più sporco di ciò che vi è entrato? Al contrario, ribatte Valéry, quel che buttiamo fuori andrebbe considerato come il purissimo, raffinato, sapiente prodotto di una complicata lavorazione. Ed ecco la sua sconcertante tesi: ‘O corpo glorioso, qualche santo dovrebbe provare amore per la tua merda! […] Uno straniero da espellere. E tuttavia resta la MIA creatura, la mia opera più importante’. […] Mai nessuno, probabilmente, si è spinto tanto in là da paragonare il prodotto poetico a quello scatologico, l’oggetto più sublime a quello più volgare. E tutto ciò nel segno dell’urgenza, ossia nell’improvviso reclamo di una materia che scappa, preme e chiede prepotentemente di venire alla luce63.

 

Tra l’altro, sempre in questo manualetto Magrelli alla voce “explicit” dà prova ancora una volta di questa sua cara attenzione per le “vie d’uscita”: «Tutti si chiedono come nasca una poesia: io trovo più interessante domandarsi come finisca. […] Serve un dono, un talento: l’ispirazione della conclusione»64. Pensiamo, infine, al post scriptum subito dopo la definizione di “urgenza”: Magrelli nota come in italiano esista addirittura un altro vocabolo, di origine toscana, per indicare lo sterco della selvaggina e degli animali, ossia la “fatta”. A tal proposito Remo Ceserani in un saggio del 1999, in cui analizza la straordinaria traduzione ad opera di Tusiani del Morgante di Pulci, ad un certo punto si imbatte proprio nel commento di questo vocabolo (di cui in Pulci si ha la prima attestazione): «la ‘fatta’ è lo sterco d’animale che i cacciatori identificano e seguono per ripercorrere il cammino della preda»65. E Magrelli compie, ancora una volta, un passo ulteriore: accosta la “fatta” al verbo greco ποιεῖν (fare), che tra le sue molteplici sfumature di significato accoglie anche “comporre”, “scrivere” e da cui deriva la parola “poesia” (equiparando così la poesia a una fatta umana!). L’urgenza è presente dunque a un doppio livello, nella e della scrittura. Magrelli raffigura l’uomo e il corpo in tutta la loro evanescenza, attraverso uno sguardo misto di inquietudine e tenerezza, eleggendo l’elemento escrementizio a rappresentanza del destino dell’uomo: caduco, e dunque prezioso.

Note
Bibliografia
  • Cappellini 2011 = Elena Cappellini, Tra profondità e superficie. Anatomia, visione e scrittura in Valerio Magrelli e Michel Tournier, in «Between», vol. 1, n. 1, maggio.

  • Cappellini 2013 = Elena Cappellini, Corpi in frammenti. Anatomia, radiologia, fotografia e forma breve del narrare, Firenze, Le Lettere.

  • Ceserani 1999 = Remo Ceserani, Morgante sbarca in America: Tusiani grande “vocabolista”, in «Italica», 76 voll., 1, primavera.

  • Cortellessa 2006 = Andrea Cortellessa, La fisica del senso. Saggi e interventi su poeti italiani dal 1940 a oggi, Roma, Fazi.

  • Cortellessa 2014 = Andrea Cortellessa, La terra della prosa. Narratori italiani degli anni Zero (1999-2014), Roma, L’orma.

  • Diaco 2012 = Francesco Diaco, Poesia e società. Conversazione con Valerio Magrelli, in «Le parole e le cose2. Letteratura e realtà», 24 settembre (http://www.leparoleelecose.it/?p=6763).

  • Donati 2019 = Riccardo Donati, Nella palpebra interna. Percorsi novecenteschi tra poesia e arti della visione, Firenze, Le Lettere.

  • Duso 2013 = Daniele Duso, Premio Campiello: intervista a Valerio Magrelli, in «Sul romanzo», 4 luglio (http://www.sulromanzo.it/blog/premio-campiello-intervista-a-valerio-magrelli).

  • Flabbi 2004 = Lorenzo Flabbi, Valerio Magrelli. Nel condominio di carne. Nell’endecasillabizzare il corpo, / nell’endecasillabizzar la prosa, in «Sguardomobile», 3 marzo
    (http://www.sguardomobile.it/spip.php?article98).

  • Francucci 2013 = Federico Francucci, Il mio corpo estraneo. Carni e immagini in Valerio Magrelli, Milano-Udine, Mimesis.

  • Givone 2003 = Sergio Givone, Magrelli, piccole catastrofi del corpo. Un viaggio Nel condominio di carne che ci ospita: l’esordio narrativo del poeta, in «l’Unità», 20 agosto.

  • Inglese 2018 = Mario Inglese, Narrare il corpo. Fenomenologia, autobiografia e strategie narrative in Nel condominio di carne di Valerio Magrelli, San Cesario di Lecce, Manni Editori.

  • Magrelli 1980 = Valerio Magrelli, Ora serrata retinae, Milano, Feltrinelli.

  • Magrelli 1987 = Valerio Magrelli, Nature e venature, Milano, Mondadori.

  • Magrelli 1992 = Valerio Magrelli, Esercizi di tiptologia, Milano, Mondadori.

  • Magrelli 1999 = Valerio Magrelli, Didascalie per la lettura di un giornale, Torino, Einaudi.

  • Magrelli 2002 = Valerio Magrelli, Vedersi vedersi. Modelli e circuiti visivi nell’opera di Paul Valéry, Torino, Einaudi.

  • Magrelli 2003 = Valerio Magrelli, Nel condominio di carne, Torino, Einaudi, ed. Kindle.

  • Magrelli 2006 = Valerio Magrelli, Disturbi del sistema binario, Torino, Einaudi.

  • Magrelli 2009 = Valerio Magrelli, La vicevita. Treni e viaggi in treno, Roma-Bari, Laterza.

  • Magrelli 2010 = Valerio Magrelli, Addio al calcio. Novanta racconti da un minuto, Torino, Einaudi.

  • Magrelli 2013 = Valerio Magrelli, Che cos’è la poesia? La poesia raccontata ai ragazzi in ventuno voci [con CD], Firenze, Giunti, [2005].

  • Magrelli 2013 = Valerio Magrelli, Geologia di un padre, Torino, Einaudi.

  • Magrelli 2014 = Valerio Magrelli, Il sangue amaro, Torino, Einaudi.

  • Magrelli 2018 = Valerio Magrelli, Le cavie. Poesie 1980-2018, Torino, Einaudi.

  • Magrelli 2019 = Valerio Magrelli, Sopruso: istruzioni per l’suo, Trento, Einaudi.

  • Mandel’štam 1967 = Osip Mandel’štam, La Quarta Prosa, Bari, De Donato.

  • Mandel’štam 1988 = Osip Mandel’štam, Viaggio in Armenia, a cura di Serena Vitale, Milano, Adelphi.

  • Mezzena Lona 2013 = Alessandro Mezzena Lona, Valerio Magrelli. Scrittore per colpa della moto, 24 agosto
    (https://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/08/24/news/valerio-magrelli-scrittore-per-colpa-della-moto-1.7626994).

  • Michaux 2005 = Henri Michaux, Diario di viaggio, Ascoli Piceno, Quodlibet.

  • Nasi 2004 = Franco Nasi, Nel condominio di Valerio Magrelli, in «Nuova Prosa», 40, giugno.

  • Pedullà 2003 = Gabriele Pedullà, Il santo, il malato e il dettatore, in «Il Caffè illustrato», 13-14, luglio-ottobre.

  • Santucci 2015 = Francesca Santucci, Intervista a Valerio Magrelli, in «Le parole e le cose2. Letteratura e realtà», 6 maggio (http://www.leparoleelecose.it/?p=23888).

  • Sinfonico 2013 = Damiano Sinfonico, L’incanto del gioco. Intervista a Valerio Magrelli, in «Enthymema», IX.

  • Ugolini 2012 = Gherardo Ugolini, Jacob Bernays e l’interpretazione medica della catarsi tragica, Verona, Cierre Grafica.

  • Zublena 2015 = Paolo Zublena, Poesia in prosa / Prosa in prosa, in «Treccani», 29 maggio (https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/narrativa/Zublena.html).

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Informazioni
Cita come: Anna Galliani, Una prosa liberata. Nel condominio di carne di Valerio Magrelli in DILEF. Rivista digitale del Dipartimento di Lettere e Filosofia - 3 (2023), pp. 172-188. 10.35948/DILEF/2024.4326