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Nei recenti anni, in filosofia della mente si è molto dibattuto su quale sia il modo più appropriato di intendere l’oggetto di studio e la pratica delle scienze cognitive, e, a tal proposito, una notevole eterogeneità di cornici teoriche si sono delineate in letteratura. Da molti questa situazione di disaccordo viene percepita come problematica, e una soluzione spesso proposta è quella di far riferimento, per dirimere le dispute, a un marchio normativo della cognizione, da intendersi come un insieme di condizioni necessarie che un processo deve rispettare per poter essere considerato “cognitivo”.  Nel presente saggio, argomenterò contro questa idea, mostrando come la proposta di un marchio siffatto sia inevitabilmente fallimentare. Inoltre, in alternativa, proporrò un quadro teoretico in cui la situazione di eterogeneità possa venire pacificamente accettata.

 

In recent years, within philosophy of mind it has been debated the best way to understand the subject and the practice of cognitive science, and, in this regard, a remarkable heterogeneity of theoretical frameworks have appeared in the literature. According to many authors, this situation of disagreement represents a problem, and a popular solution for resolving the disputes is to require a normative mark of the cognitive, i.e., a set of necessary conditions that a process must satisfy to be considered “cognitive”. In the present essay, I will argue against this idea, showing how any normative mark can’t be successful. Besides, I will propose a theoretical picture where the heterogeneity of the literature can be peacefully accepted.


L'obiettivo di questo lavoro è stato quello di analizzare le unità di discorso riportato e le unità gestuali che vengono prodotte insieme ad esse. Studi basati su corpora e fondati sulla Language into Act Theory, il quadro teorico adottato in questa ricerca, hanno dimostrato che le zone di confine delle unità gestuali tendono a coincidere con i confini prosodici del discorso. Per quanto riguarda il discorso riportato, Good 2015 osserva che quando lo inseriamo nel flusso del discorso spontaneo, utilizziamo risorse che mostrano il suo carattere metaillocutivo, come la variazione prosodica, i cambiamenti nella postura del corpo e anche i gesti messi in scena. Pertanto, è prevedibile che si notino differenze nel profilo prosodico e gestuale tra il discorso non riportato e quello riportato, e viceversa. In questa ricerca, questi aspetti sono stati analizzati sulla base di un corpus di parlato spontaneo, C-ORAL-BGEST, etichettato informazionalmente secondo la Language into Act Theory e gestualmente secondo le linee guida di McNeill 1992, Kendon 2004 e Bressem, Ladewig e Müller 2013. I risultati sembrano mostrare che il cambiamento di livello discorsivo, cioè il passaggio dal livello dell'enunciato al livello del discorso riportato, è evidente non solo dal punto di vista prosodico, ma anche gestuale.

 

The aim of this work was to analyze reported speech units and the gestural units that are produced alongside them. Studies based on corpora and grounded in Language into Act Theory, the theoretical framework adopted in this research, have shown that the boundary zones of gestural units tend to coincide with the prosodic boundaries of speech. Regarding reported speech, Good 2015 observes that when we insert them into the flow of spontaneous speech, we use resources that show their meta-illocutionary character, such as prosodic variation, changes in body posture and also enacted gestures. Thus, it is to be expected that differences in the prosodic and gestural profile will be noticed between unreported to reported speech, and vice versa. In this research, these aspects were analyzed based on a corpus of spontaneous speech, C-ORAL-BGEST, informationally labeled according to the Language into Act Theory, and gesturally labeled according to the guidelines of McNeill 1992, Kendon 2004 and Bressem, Ladewig and Müller 2013. The results seem to show that the change in discursive level, i.e. the transition from the level of the utterance to the level of reported speech, is noticeable not only prosodically, but also gesturally.


La storia dell’intelligenza artificiale, dopo due decenni di sviluppi teorici e ingegneristici, sta attraversando una nuova svolta epocale. La diffusione dei modelli neurali sta rappresentando, infatti, un game-changer, sia in virtù delle incredibili possibilità di implementazione, dal riconoscimento di immagini alla produzione di linguaggio, che per le implcazioni filosofiche che tale diffusione porta con sé, dall’etica applicata all’epistemologia. Il presente scritto intende muovere proprio a partire da queste ultime. La competenza di macchine dalla configurazione ‘neuromorfica’, basate su reti di neuroni artificiali che trattano l’informazione in maniera sub-simbolica e dinamica, potrebbe infatti permettere di rimettere in discussione alcuni assunti del dibattito classico sull’intelligenza artificiale (e sull’intelligenza in generale) circa il rapporto tra sintassi, significati e substrati che li trasportano. Nel segno di una tradizione quasi secolare di intreccio tra ricerca cognitivista e AI, il presente articolo cercherà di far dialogare dialetticamente prospettive embodied della mente e modelli linguistici artificiali, esplorando le nuove, vibranti implicazioni che la ricerca e l’implementazione delle architetture neurali, su tutte i Large Language Models, stanno mettendo alla luce.

 

After two decades of theoretical and engineering developments, the history of artificial intelligence is going through a turning point. The spread of neural models in fact represents a game-changer, both in virtue of the incredible possibilities of implementation (from image recognition to language processing), and for the philosophical implications that such diffusion brings with it, from applied ethics to epistemology. This paper intends to start from the latter. The competence of machines with a ‘neuromorphic’ architecture, based on networks of artificial neurons that process information in a sub-symbolic and dynamic manner, could allow us to question certain assumptions of the classical debate on artificial intelligence (and on intelligence in general) regarding the relationship between syntax, meanings and the substrates that carry them. In the sign of an almost century-long tradition of intertwining cognitivist research and AI, this article will attempt to dialectically bring embodied perspectives of the mind and artificial language models into dialogue. It will explore the new, vibrant implications that research and implementation of neural architectures, above all Large Language Models, are bringing to light.


Il contributo, che si inserisce in una ricerca più ampia sulle marche diasistematiche nella lessicografia italiana otto-novecentesca, intende proporre un primo studio sull’uso in particolare di marche di tipo diafasico/diastratico nella quinta impressione del Vocabolario della Crusca. Questo tratto microstrutturale può essere infatti foriero di informazioni e indicazioni importanti sia per collocare, anche storicamente, una parola, una sua accezione o una locuzione nel suo appropriato livello di varietà della lingua, sia anche per approfondire la conoscenza delle idee linguistiche che sono alla base di un’opera lessicografica.


The essay, which is part of a broader research on diasystematic labels in 19th-20th century Italian lexicography, intends to propose an initial study on the use of diaphasic/diastratic labels in the fifth edition of the Vocabolario della Crusca. This microstructural trait can in fact offer important information and indications both for placing, also from a historical point of view, a word, its meaning or a locution in its appropriate level of linguistic variation, and also for getting to know the linguistic ideas behind a certain lexicographic work.


In un contesto in cui la cultura e il patrimonio culturale rivestono un'importanza fondamentale per la continuità storica e l'identità nazionale, la digitalizzazione emerge come un mezzo essenziale per la loro preservazione e promozione. Questo articolo sottolinea l'importanza della preservazione del patrimonio culturale immateriale legato alle lingue soffermandosi sul progetto di digitalizzazione delle trascrizioni delle interviste sul campo che hanno costituito la documentazione di riferimento di Manzini e Savoia (2005). Tale lavoro è previsto dal programma "Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society," finanziato dal PNRR promosso dal Ministero dell'Università e della Ricerca e dall'Unione Europea e finalizzato alla gestione sostenibile delle risorse culturali e alla promozione della diversità e ricchezza linguistica, elementi cruciali per il futuro della cultura italiana. Il progetto di digitalizzazione è parte integrante dell’attività dello Spoke 2 (Creativity and Intangible Cultural Heritage) incardinato nel Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze, e previsto dal Partenariato Esteso PE5 Cultura umanistica e patrimonio culturale come laboratori di innovazione creatività promosso dall’Ateneo fiorentino.


In a context where cultural heritage plays a fundamental role in a nation's identity and historical continuity, digitalization emerges as an essential means to preserve and promote this heritage. The present article underscores the importance of preserving intangible cultural heritage related to languages, focusing on the digitization project of field interview transcriptions that constituted the reference documentation of Manzini and Savoia (2005). This work is part of the "Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society" program, funded by the PNRR promoted by the Ministry of University and Research and the European Union. The program aims at the sustainable management of cultural resources and the promotion of diversity and linguistic richness, crucial elements for the future of Italian culture. The digitization project is an integral part of the activities of Spoke 2 (Creativity and Intangible Cultural Heritage) within the Dipartimento di Lettere e Filosofia at the University of Florence, that is provided by PE5 Humanistic culture and cultural heritage as laboratories of innovation creativity promoted by the University of Florence.


Molti studi sembrano confermare che il discorso riportato è contrassegnato prosodicamente da variabili percettive come la variazione del tono, la durata della pausa, la velocità del discorso, l'estensione del tono più alta, ecc.

Tuttavia, i dati analizzati estratti dai dataset ORFEO e OFROM, che raccolgono vari corpora di discorsi spontanei in francese con vari stili e provenienze geografiche, mostrano che se i monologhi sono spesso caratterizzati da una pausa che introduce i segmenti riportati, non è affatto così è il caso dei dialoghi informali, in cui i segmenti introduttivi sono per lo più posizionati all'inizio o al centro della frase e integrati nella struttura prosodica complessiva della frase.

La presenza di una pausa nei monologhi per segnalare la presenza di un segmento del discorso riportato in una frase riflette un “pregiudizio della lingua scritta” legato alla presenza di virgolette nelle rappresentazioni scritte del discorso riportato.

 

Many studies seem to confirm that reported speech is marked prosodically by perceptive variables such as pitch variation, pause duration, speech rate, higher pitch range, etc.

However, analyzed data extracted from the ORFEO and OFROM data sets, which bring together various corpora of spontaneous speech in French with various styles and geographic origins, show that if monologs are often characterized by a pause introducing the reported segments, it is not at all the case for informal dialogs, where introducing segments are mostly located at the beginning or in the middle of the sentence and integrated in the overall sentence prosodic structure.

The presence of a pause in monologs to signal the occurrence of a reported speech segment in a sentence reflects a “written language bias” linked to the presence of quoting marks in written representations of reported speech.