| Articolo sottoposto a Peer Review

Valorizzare il patrimonio immateriale: un’esperienza di digitalizzazione del dialetto

 ARTICOLO SCIENTIFICO

  • Data ricezione: 25/10/2023
  • Data accettazione: 29/11/2023
  • Data pubblicazione: 04/01/2024

Abstract

In un contesto in cui la cultura e il patrimonio culturale rivestono un'importanza fondamentale per la continuità storica e l'identità nazionale, la digitalizzazione emerge come un mezzo essenziale per la loro preservazione e promozione. Questo articolo sottolinea l'importanza della preservazione del patrimonio culturale immateriale legato alle lingue soffermandosi sul progetto di digitalizzazione delle trascrizioni delle interviste sul campo che hanno costituito la documentazione di riferimento di Manzini e Savoia (2005). Tale lavoro è previsto dal programma "Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society," finanziato dal PNRR promosso dal Ministero dell'Università e della Ricerca e dall'Unione Europea e finalizzato alla gestione sostenibile delle risorse culturali e alla promozione della diversità e ricchezza linguistica, elementi cruciali per il futuro della cultura italiana. Il progetto di digitalizzazione è parte integrante dell’attività dello Spoke 2 (Creativity and Intangible Cultural Heritage) incardinato nel Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze, e previsto dal Partenariato Esteso PE5 Cultura umanistica e patrimonio culturale come laboratori di innovazione creatività promosso dall’Ateneo fiorentino.


In a context where cultural heritage plays a fundamental role in a nation's identity and historical continuity, digitalization emerges as an essential means to preserve and promote this heritage. The present article underscores the importance of preserving intangible cultural heritage related to languages, focusing on the digitization project of field interview transcriptions that constituted the reference documentation of Manzini and Savoia (2005). This work is part of the "Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society" program, funded by the PNRR promoted by the Ministry of University and Research and the European Union. The program aims at the sustainable management of cultural resources and the promotion of diversity and linguistic richness, crucial elements for the future of Italian culture. The digitization project is an integral part of the activities of Spoke 2 (Creativity and Intangible Cultural Heritage) within the Dipartimento di Lettere e Filosofia at the University of Florence, that is provided by PE5 Humanistic culture and cultural heritage as laboratories of innovation creativity promoted by the University of Florence.


Parole chiave
Keywords

1. Introduzione

1.1. Il progetto e gli obiettivi

Durante la pandemia da COVID-19 e i conseguenti lockdown nazionali, il settore culturale e creativo ha subito un impatto significativo. Molte discipline artistiche hanno saputo adattarsi alle circostanze, sfruttando le tecnologie per creare musei virtuali, spettacoli online e altre iniziative innovative. Il campo della linguistica, tuttavia, non ha beneficiato in modo altrettanto evidente di queste opportunità.

Mentre l'arte visiva e le performance, come ad esempio quelle teatrali, musicali o coreografiche, hanno potuto trovare nuovi modi per raggiungere il pubblico attraverso la digitalizzazione e le piattaforme online, la linguistica e la preservazione del patrimonio linguistico e culturale immateriale non hanno goduto degli stessi progressi. Questa disparità sottolinea la necessità di esaminare come il settore linguistico possa sfruttare le tecnologie e le soluzioni digitali per preservare e promuovere il patrimonio culturale legato alle lingue, alle tradizioni e alle pratiche sociali.

È importante considerare come la digitalizzazione possa essere sfruttata in campo linguistico, ad esempio attraverso progetti di documentazione delle lingue e dei dialetti, l'archiviazione digitale di tradizioni trasmesse oralmente (come proverbi o modi di dire), e l'accessibilità digitale alle risorse linguistiche. Questi sforzi potrebbero contribuire in modo significativo alla preservazione e alla promozione delle ricchezze culturali immateriali e linguistiche, proprio come le iniziative artistiche hanno fatto nell'ambito delle arti visive. L'importanza della cultura umanistica e del patrimonio culturale è parte integrante della nostra identità e del nostro passato, ma è anche fondamentale per il futuro.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, noto attraverso il suo acronimo PNRR, rappresenta una pietra miliare nella promozione e nella protezione di questi aspetti culturali preziosi della nostra società. In un'epoca in cui la tecnologia digitale permea gran parte delle nostre vite, il valore della digitalizzazione nel contesto della cultura umanistica e del patrimonio culturale emerge con forza. Nello specifico, ad avere l’obiettivo di preservare i nostri beni materiali ed immateriali vi è il programma CHANGES (Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society), ed il suo Spoke 2 (Creativity and intangible cultural heritage), finanziati dal Ministero dell'Università e della Ricerca e dall’Unione Europea (programma NextGenerationEU).

L'obiettivo principale dell'ampia partnership di CHANGES è di fornire nuovi strumenti integrati volti a potenziare la resilienza sociale mediante il rinnovamento dei valori culturali, il rafforzamento delle strategie di conservazione e il miglioramento delle esperienze all'interno degli ambienti sociali e culturali. In particolare, si punta a sostenere lo sviluppo di strategie innovative a lungo termine per interpretare, comprendere e preservare il patrimonio culturale tangibile e intangibile. Per raggiungere questi obiettivi, il progetto si basa su soluzioni incentrate sulle transizioni digitali ed ecologiche, che comportano notevoli benefici socio-economici.

Attraverso la sinergia tra la creazione di una banca dati umanistica e gli obiettivi più ampi del progetto CHANGES, questa iniziativa contribuisce al fine ultimo del progetto, ovvero la promozione di pratiche sostenibili di ricerca, innovazione e conservazione nei settori culturali e creativi. La documentazione di cui abbiamo predisposto la digitalizzazione diventa dunque una risorsa preziosa per valorizzare il patrimonio linguistico all'interno di un contesto digitale e sostenibile. L'obiettivo è anche di promuovere la consapevolezza e l'apprezzamento della diversità e ricchezza linguistica, contribuendo alla gestione delle risorse culturali.

In questo articolo presentiamo il progetto, previsto dall’attività dello Spoke 2 incardinato nel Dipartimento di Lettere e Filosofia (DILEF), che prevede la digitalizzazione dei materiali dialettali attualmente in possesso dall’Università degli Studi di Firenze e dal DILEF. Questi materiali costituiscono una banca dati documentaria che si è andata formando nel tempo per effetto della pluridecennale attività di indagine sul campo condotta da Leonardo Savoia.

Dopo aver accennato alle opportunità messe a disposizione dalla digitalizzazione, si presenteranno le soluzioni concrete che stiamo mettendo in atto per garantire una transizione di successo verso il formato digitale, fornendo al tempo stesso un quadro delle complessità e delle opportunità legate alla digitalizzazione di questo preziose testimonianze di parlato dialettale e del suo impatto sul patrimonio culturale italiano.

 

1.2. Patrimonio culturale in ambito linguistico

Il patrimonio culturale, nella sua complessità, si estende al dominio dei beni sia tangibili che intangibili. Le manifestazioni tangibili abbracciano un'ampia gamma di espressioni che includono edifici e monumenti di rilevanza storica e architettonica, paesaggi carichi di significato culturale, preziosi archivi documentari, opere letterarie, capolavori artistici intrisi di storia e artefatti testimonianti il passato. A ciò si affiancano le sfere più sottili dell'immateriale, in cui il folklore, le tradizioni, le lingue, e le forme di sapienza e conoscenza tramandate di generazione in generazione svolgono un ruolo centrale.

Quando ci rivolgiamo all'ampio concetto di patrimonio culturale alla luce delle sue implicazioni linguistiche, dobbiamo tener presenti le modalità con cui il linguaggio e le sue pratiche interagiscono con l'identità culturale e con la continuità storica di una comunità o di una società. In questa cornice, il patrimonio culturale linguistico abbraccia le diverse tradizioni scritte ed orali, i dialetti, i modi di dire e le espressioni che vengono tramandate diacronicamente, riflettendo i valori culturali, le credenze e le esperienze uniche di un gruppo di persone.

Nel campo della linguistica, il patrimonio culturale può essere studiato e compreso attraverso vari approcci. Un esempio tangibile sono i testi folcloristici, i quali possono costituire una fonte ricca di informazioni sull'espressione linguistica delle nozioni culturali nazionali. Questi testi, che includono storie, canzoni, proverbi e altre forme di letteratura orale tradizionale, spesso racchiudono i valori culturali e le visioni del mondo di una comunità linguistica, diventando così parte integrante del suo patrimonio culturale. É importante comunque considerare che, nella narrazione, l'uso di una lingua artificiale e letteraria può mutare notevolmente a seconda del genere narrativo. Se, da un lato questa tendenza è minima nelle storie brevi, nei racconti personali e nelle favole per bambini, essa invece aumenta notevolmente nelle leggende, nelle novelle e nelle fiabe magiche (Sanga 1985: p. 93).

In queste testimonianze la presenza di elementi linguistici come l'italiano, il dialetto italianizzato, il dialetto regionale o forme linguistiche arcaiche nella lingua della narrativa non è originale, ma è il risultato di un processo che poteva avere esiti diversi in base alla posizione geografica di riferimento. Oralmente, i testi venivano raccontati da narratori professionisti o semiprofessionisti, che viaggiavano raccontando storie e venivano ricompensati con vitto e alloggio. Questi narratori utilizzavano una lingua “integralmente” dialettale o variamente interferita dal dialetto e in seguito attualizzavano i testi, adattandoli al dialetto locale; questo processo di “accomodamento dialettale” variava ovviamente in base all'abilità del narratore, contribuendo così a preservare il patrimonio culturale linguistico in modi diversi, poiché un narratore locale meno esperto replicava i testi come li aveva appresi, mentre un narratore esperto poteva essere in grado di adattare i testi al dialetto locale (Sanga 1985: p. 93).

Anche la sociolinguistica, che studia l’interazione tra linguaggio e società, gioca un ruolo cruciale nella valorizzazione del patrimonio culturale linguistico. Questo campo di studio riconosce che l'uso della lingua è profondamente intrecciato con il suo contesto sociale e che le influenze della società sull'uso della lingua possono rivelare importanti aspetti del patrimonio culturale di una comunità. In questa prospettiva, la sociolinguistica rivolge un'attenzione particolare ai dialetti, analizzando come queste varietà linguistiche, facendosi portavoce linguistici dell’esperienza materiale e sociale, costituiscano un riferimento essenziale della cultura locale.

Un campo d’azione della sociolinguistica riguarda i fattori che possono influenzare lo stato di vitalità dei dialetti, ad esempio l’età dei parlanti, descrivendo così il percorso di “morte linguistica” che alcune varietà possono subire. A questo proposito Janse (2003) analizza cinque tipologie di lingue in pericolo:

A language is potentially endangered if the children start preferring the dominant language and learn the obsolescing language imperfectly. It is endangered if the youngest speakers are young adults and there are no or very few child speakers. It is seriously endangered if the youngest speakers are middle-aged or past middle age. It is terminally endangered or moribund if there are only a few elderly speakers left. A language is dead when there are no speakers left at all (Janse 2003: pp. IX-X).

Questi livelli di pericolo linguistico sottolineano l'importanza di riconoscere e preservare le lingue in declino: i cambiamenti sociali, l'urbanizzazione e l'omogeneizzazione culturale stanno mettendo a repentaglio la vitalità delle lingue locali, portando a una progressiva perdita di parlanti nativi e alla conseguente erosione delle varietà. Da questo punto di vista la conservazione dei dialetti e della diversità linguistica in genere si configura come una sfida cruciale per la società contemporanea.

 

1.3. I dialetti in Italia

Non è facile stabilire il numero esatto di lingue locali parlate in Italia, poiché la maggior parte di esse fa parte di un continuum e non è standardizzata né ufficialmente riconosciuta (Coluzzi 2009: p. 40). In un famoso discorso del 1964, Gerhard Rohlfs sottolineava come fra «le nazioni europee l'Italia gode il privilegio di essere certamente, il paese più frazionato nei suoi dialetti»1. Del resto, come si ricorderà, già Dante aveva evidenziato con particolare efficacia, nel De vulgari eloquentia, la presenza nel territorio italiano di una miriade di volgari locali:

Quare ad minus xiiii vulgaribus sola videtur Ytalia variari. Que adhuc omnia vulgaria in sese variantur, ut puta in Tuscia Senenses et Aretini, in Lombardia Ferrarenses et Placentini; nec non in eadem civitate aliqualem variationem perpendimus, ut superius in capitulo immediato posuimus. Quapropter, si primas et secundarias et subsecundarias vulgaris Ytalie variationes calcolare velimus, et in hoc minimo mundi angulo non solum ad millenam loquele variationem venire contigerit, sed etiam ad magis ultra. (I, X, 9).

Alla presenza diffusa di varietà italo-romanze si aggiunge, in Italia, quella delle lingue di minoranza, tutelate com’è noto dalla Legge 482 del 15 dicembre 1999, che rappresenta un importante passo nel riconoscimento e nella tutela delle lingue e delle culture delle minoranze presenti in Italia. Pur stabilendo l'Italiano come lingua ufficiale, la legge sottolinea l'importanza di preservare e valorizzare il ricco patrimonio linguistico e culturale delle comunità minoritarie, in conformità con quanto stabilito dall'articolo 6 della Costituzione italiana e seguendo i principi generali definiti dagli organismi europei. La legge affida alla scuola un ruolo chiave in questo processo di tutela e promozione delle lingue di minoranza. Questa istituzione educativa è chiamata a valorizzare il mosaico di lingue presenti nel territorio italiano, offrendo opportunità formative sempre più ampie. Inoltre, la legge sottolinea il diritto fondamentale degli appartenenti a tali minoranze di apprendere e preservare la propria lingua materna. Per raggiungere questi obiettivi, la legge 482 prevede, tra le varie linee di intervento, la promozione e la realizzazione di progetti nazionali o locali finalizzati alla valorizzazione delle lingue di minoranza, progetti come quello che descriviamo in questo lavoro.

Per quello che riguarda i dialetti, nell'attuale contesto sociolinguistico si osserva un loro particolare riposizionamento nello spazio linguistico. L'italiano, infatti, ha fatto ingresso in ambiti di utilizzo che erano un tempo di esclusiva pertinenza della lingua minoritaria o del dialetto (Berruto 2012), cosa che ha per corollario l’indebolimento del dialetto come prevalente lingua d’uso. Stando al report ISTAT del 2015, la maggioranza relativa degli italiani utilizza soprattutto l’italiano quando parla in famiglia (45,9%), mentre solo il 14% degli italiani ha indicato di utilizzare prevalentemente il dialetto. In questo senso, si parla di “spostamento linguistico” verso la lingua dominante, con progressiva diminuzione del numero dei parlanti esclusivamente (o prevalentemente) dialettali. Tuttavia, ben il 32,2% ha affermato di usare, in famiglia, sia l’italiano che il dialetto: alla brusca e progressiva diminuzione della lingua locale come varietà di impiego esclusivo o preferenziale (dal 32% circa delle prime indagini ISTAT del 1987/1988 al 14% dell’ultima) non corrisponde quindi un corrispondente incremento dell’italiano, ma un irrobustimento della sua compresenza con il dialetto, definendo una quota di “usi misti” che, nel dominio familiare, si è stabilizzata intorno al 32-33%.

Da parte loro le varietà locali, oltre a mostrare ancora una relativa vitalità, soprattutto in alcune aree (Berruto 2018), tendono a essere coinvolte ormai da tempo in pratiche che ne prevedono l’utilizzo insieme all’italiano (cfr. Cerruti-Regis 2020): un aspetto del comportamento linguistico effettivo che, in quanto tale, mette in evidenza il progressivo attenuarsi dello storico – ma per molti aspetti pregresso – antagonismo tra “lingua comune” e “dialetti”. Perso infatti lo stigma sociale che li caratterizzava sino agli anni ’70 / ’80 del secolo scorso, i dialetti hanno cominciato a configurarsi come una risorsa linguistica aggiuntiva a disposizione dei parlanti, da utilizzare in contesti e per funzioni particolari, accanto (e talvolta, in alternativa) alla lingua nazionale (cfr. Lubello-Stromboli 2020). In questo quadro, una particolare modalità di “risorgenza” del dialetto (Berruto 2006) è rappresentata dalla sua accresciuta visibilità nel paesaggio linguistico (cfr. Bernini-Guerini-Iannaccaro 2021).

Eppure, come ci ricorda De Mauro (2014: p. 112), quello dell’“agonia dei dialetti” italiani è sempre stato un tema ricorrente e dibattuto nei salotti linguistici italiani, a cui avrebbero contribuito robustamente le riflessioni pasoliniane del 1964:

Nell’ambito delle conferenze dell’Associazione culturale italiana di Irma Antonetto nel dicembre 1964 Pier Paolo Pasolini tenne una conferenza su Nuove questioni linguistiche (pubblicata poi in “Rinascita”, dicembre 1964, rist. in Empirismo eretico, Garzanti, Milano 1972, pp. 9-28). In essa, dopo aver rilevato lo “stringimento” dei dialetti e la loro definitiva “arcaicità”, scriveva: “Perciò, in qualche modo, con qualche titubanza, e non senza emozione, mi sento autorizzato ad annunciare, che è nato l’italiano come lingua nazionale” (2014: p. 112).

Sul declino dei dialetti come paradossale “condizione” per la loro valorizzazione si era soffermato a suo tempo anche Alberto Sobrero:

Uno strano destino, quello dei dialetti italiani in Italia: ignorati dalla cultura ufficiale quando tutti li parlavano, nominati con riluttanza nelle relazioni e nei programmi ministeriali quando erano l’unico strumento linguistico saldamente posseduto dagli scolari, ora che vivono una vita sempre più grama, da irregolari, ai margini della lingua, conoscono la gloria, quasi postuma, della celebrazione letteraria, della considerazione scientifica, persino del protagonista nella scuola. E hanno scatti di immagine, ad esempio in certi circoli esclusivi, degni di una copertina di “Capital”, o di “Class”, proprio mentre muoiono o, come dice Francescato (…) si trasfigurano, scivolando in una graduale ma irreversibile perdita di identità che li priva persino degli onori delle armi (Sobrero 1986: p. 195).

Il fatto che la discussione sulla effettiva o asserita "agonia" dei dialetti rimanga un argomento sempre di attualità in Italia (cfr. De Blasi 2019) sottolinea quanto siano significativi per la nostra cultura, oltre che per il dibattito scientifico.

In questo contesto, il ruolo del linguista appare cruciale di per sé, mentre il passaggio al digitale sembra offrire nuove opportunità e sfide per la documentazione e la valorizzazione delle varietà minoritarie. Gli studi linguistici, infatti, possono ora capitalizzare appieno sulle risorse digitali per istituire archivi online accessibili, sviluppare applicazioni linguistiche interattive e perseguire ricerche innovative riguardo ai dialetti nell'era digitale. Questa nuova prospettiva può prefigurare un determinante passo avanti negli studi, consentendo anche ai linguisti di ampliare significativamente la portata e l'impatto delle proprie indagini.

 

2. La digitalizzazione del patrimonio dialettale italiano e la raccolta “Manzini e Savoia”

2.1. Gli atlanti linguistici online

L'importanza del panorama linguistico italiano per gli studi romanzi è ben nota: come abbiamo già visto nel paragrafo precedente, il paese custodisce un tesoro inestimabile per quanto riguarda la variazione linguistica.

Dal punto di vista della documentazione dialettale, l’Italia vanta due atlanti linguistici nazionali, l'Atlante Italo-Svizzero (AIS) e l'Atlante Linguistico Italiano (ALI), che per decenni hanno definito le linee di sviluppo e di ricerca di una parte significativa della dialettologia italiana. Oltre al loro ruolo di strumenti di conoscenza nell'inquadramento dei problemi linguistici, questi strumenti complessi volti all'archiviazione e all'organizzazione dei dati linguistici possono, attraverso la digitalizzazione e la riorganizzazione dei materiali, essere rinnovati e valorizzati.

In questa prospettiva l'AIS ha già avviato questa valorizzazione attraverso due progetti: Navig-AIS (www.navigais.it), realizzato presso il CNR di Padova, e AIS-Reloaded (www.ais-reloaded.uzh.ch), diretto da Michele Loporcaro. Quest’ultimo progetto si propone di “ricreare”, per i materiali raccolti e trascritti da Scheuermeier, Rohlfs e Wagner nelle loro campagne di raccolta, una dimensione sonora che le inchieste dell’epoca, per evidenti problemi logistici, non avevano preso in considerazione.

Proprio l’assenza di materiali acustici originali, tuttavia, rappresenta un limite intrinseco dei materiali pubblicati dai grandi atlanti nazionali, le cui carte restituiscono la trascrizione “impressionistica”, ottenuta seguendo convenzioni AIS (dunque diverse dall’IPA), delle risposte fornite dagli informatori alle domande previste dal questionario scritto (cfr. Sanga 1987). In Italia uno dei primi, e più avanzati progetti di informatizzazione di materiali originariamente previsti solo in veste “fisica” è stato quello che ha portato alla pubblicazione, prima su CD-Rom (2000), poi su piattaforma web (2003), dell’imponente banca dati dell’Atlante Lessicale Toscano (ALT-Web (cnr.it)).

La preoccupazione di rendere disponibili materiali sonori originali è stata recepita da alcune imprese più recenti. Nel 1998, per esempio, è stato pubblicato l’ALD – Atlante linguistico del ladino dolomitico e dei dialetti limitrofi, che all’epoca comprendeva anche 3 CD-ROM, in cui era memorizzato tutto il materiale linguistico reperito nelle località ladine centrali indagate per l'atlante. Il materiale originale dell’ALD è ora disponibile sulla piattaforma ALD – Atlante linguistico del ladino dolomitico e dei dialetti limitrofi (uni-muenchen.de). Nell’ambito dell’ALD, è poi nata l'idea di un atlante linguistico acustico in Italia per regione, che si è concretizzata nel progetto VIVALDI – Vivaio acustico delle lingue e dei dialetti d’Italia promosso dall’Università di Berlino. Progetto e risultati sono disponibili anch’essi in piattaforma (http://www2.hu-berlin.de/vivaldi/).

Un importante progetto di documentazione e di restituzione – in modalità interattiva geo-referenziata – di dati provenienti da atlanti linguistici e dizionari delle lingue locali (integrati da indagini condotte attraverso social software) è rappresentato da Verba Alpina, che propone un modello di inserimento dei dati geo-linguistici relativi al territorio delle Alpi pienamente inserito nella prospettiva delle Digital Humanities (https://www.verba-alpina.gwi.uni-muenchen.de/)2.

               

2.2. La raccolta Manzini-Savoia

I tre volumi cartacei pubblicati del 2005, e dedicati alla morfosintassi dialettale, contengono una ricca esemplificazione di parlato elicitato attraverso un questionario dialettale. Riportate in grafia fonetica, le risposte degli intervistati documentano caratteristiche del parlato dialettale che la digitalizzazione consentirà di valorizzare compiutamente e articolatamente.

La documentazione in questione ha costituito il punto di riferimento per un’importante analisi delle variazioni morfo-sintattiche presenti all'interno di una campionatura condotta sulle varietà parlate in 469 località (principalmente) italiane (per i dettagli, si rimanda senz’altro a Manzini-Savoia 2005: vol. I, pp. XXXVII-LXX) ed è frutto di un lungo e meticoloso lavoro condotto sul campo da Leonardo Savoia utilizzando un questionario che sollecitava la “traduzione in dialetto” di frasi investite da fenomeni di rilievo dal punto di vista morfosintattico3.

Questa metodologia ha richiesto ripetute fasi di raccolta dati in tempi diversi e successivi al fine di acquisire informazioni sempre più complete ed esaustive. La selezione degli informatori è stata attenta e mirata, dando priorità a parlanti nativi con una profonda conoscenza delle varietà dialettali oggetto d'indagine. Laddove possibile, si è cercato di coinvolgere individui con competenza metalinguistica, in grado di offrire riflessioni di rilievo sulle strutture linguistiche analizzate.

La metodologia impiegata si è basata sulla trascrizione diretta in tempo reale delle risposte degli informatori, accompagnata da annotazioni che ampliassero la comprensione delle produzioni dialettali. Inoltre, la trascrizione fonetica degli esempi ha adottato l'Alfabeto Fonetico Internazionale (International Phonetic Alphabet, IPA), seguendo criteri ampi, ma miranti a cogliere le proprietà fonologiche più rilevanti e sistematiche. Va rilevato che, a causa delle condizioni di raccolta dei dati sul campo, è inevitabile una certa variabilità nella realizzazione delle frasi da parte degli informatori, sia dal punto di vista morfosintattico che fonetico. Questa variabilità è stata riconosciuta ed è stata riprodotta, anche se si è cercato di mantenere una rappresentazione in larga parte uniforme.

Nella scelta delle località e delle varietà dialettali da indagare, il criterio guida è stato sempre l'interesse della ricerca nei confronti dei fenomeni linguistici attesi, bilanciato dalla reattività e dalla disponibilità degli informatori. Questo ha determinato l'orientamento della ricerca verso specifiche varietà o gruppi di varietà, con l'obiettivo di analizzare in dettaglio un insieme ben definito di fenomeni morfo-sintattici, piuttosto che di identificare gruppi dialettali e definire confini tra di essi.

La metodologia d’indagine praticata da Savoia prevedeva un diretto coinvolgimento con i parlanti; armato di taccuini, lo studioso trascriveva meticolosamente ciò che veniva elicitato dagli informatori, concedendo uno spazio limitato all'uso di registrazioni su nastro e prediligendo la trascrizione diretta in tempo reale delle risposte degli informatori. Quest'approccio assicurava un'acquisizione accurata dei dati e consentiva di effettuare delle annotazioni che potessero anche includere – ed appuntare in tempo reale – osservazioni ritenute rilevanti, così come commenti utili all'interpretazione delle produzioni dialettali fornite dagli informatori.

Le immagini seguenti (Immagine 1, 2 e 3) offrono una rappresentazione visuale del processo di raccolta dati seguito da Savoia. Nei fotogrammi, lo vediamo impegnato in discussioni, trascrizioni del discorso parlato e annotazioni nei suoi quadernini.


Immagine 1. Leonardo Maria Savoia con alcuni informanti.


Immagine 2. Leonardo Maria Savoia con un informante, immortalato nell’atto di trascrizione dei dati.