Abstract
Al verso 113 del carme greco di Lorenz Rhodoman in lode di Giuseppe Scaligero, ὀργῇ sembra essere un errore di stampa per ὁρμῇ.
At line 133 of Lorenz Rhodoman’s Greek poem in praise of Joseph Scaliger, ὀργῇ appears to be a misprint for ὁρμῇ.
Parole chiave
Keywords
Tra i molti dotti del tardo Umanesimo occidentale che furono in rapporti con Giuseppe Giusto Scaligero1 vi era anche Lorenz Rhodoman (Niedersachswerfen 1545 - Wittenberg 1606), noto ai classicisti come editore di Diodoro Siculo e di Quinto Smirneo ma anche, agli studiosi di cose umanistiche, come prolifico poeta in latino e ancor più in greco classico2. Se per i carmi latini di Rhodoman lo Scaligero – che del resto proprio alla composizione in latino era personalmente più incline3 – manifestò scarso apprezzamento, quelli greci suscitarono in lui grande entusiasmo (e noi moderni siamo pienamente d’accordo)4. La stima era ovviamente più che ricambiata: nel 1602 Rhodoman diede alle stampe un elegante poemetto di 161 esametri greci dal titolo Γενέθλια Ἰωσήφου τοῦ Σκαλανοῦ, ἀνδρὸς εὐγενείᾳ τε καὶ σοφίᾳ διαφέροντος, in cui le virtù personali, intellettuali, scientifiche del grande umanista erano oggetto di altissime lodi5. Ai vv. 112-113 si ricorda come lo Scaligero, da autodidatta geniale e solerte, avesse imparato anche l’ebraico6:
Ἑβραίων τάχα νόσφι διδάκτορος ἔμμαθεν αὐδήν,
ἀγρύπνοις μελέτῃσι, νόου τ᾿ ὀξύφρονος ὀργῇ.
Che anche i testi a stampa siano guastati da corruttele di ogni genere, e che quindi su incunaboli e cinquecentine non meno che sui manoscritti si debba a volte esercitare l’emendazione congetturale, è cosa ben nota a tutti gli specialisti7. Il v. 113 potrebbe essere uno di questi casi. L’uso di ὀργή nel senso non di “ira” bensì di “tendenza naturale”, “predisposizione” è attestato fin da Esiodo (Op. 304 κηφήνεσσι... εἴκελος ὀργήν, «simile nell’indole ai fuchi»), e νόου ὀξύφρονος ὀργῇ significherà «grazie all’inclinazione della (sua) mente acuta». È pur vero che nella letteratura greca νοῦς e ὀργή tendono ad essere abbinati in modo contrastivo, la “ragione” contro l’“ira”: cfr. S. fr. 929.1-2 Radt (che gli umanisti potevano leggere nello Stobeo8 e in Clemente Alessandrino) πᾶς γὰρ οἰνωθεὶς ἀνὴρ / ἥσσων μὲν ὀργῆς ἐστι, τοῦ δὲ νοῦ κενός, Comp. Men. Philist. 1.49-50 ὁ θυμὸς οὔτε ῥῶσιν οὔτε νοῦν ἔχει· / ὀργὴ δὲ δεινὰ δρᾶν ἀναγκάζει βροτούς, Lib. Progymn. 9.7.31 τὸν νοῦν διαφθείροντες εἰς ὀργὴν ἐκφέρονται; hanno addirittura entrambi valore negativo in Euen. fr. 5 W.2 = 4 G.-P.2 (anch’esso conservato nel terzo libro dello Stobeo) πολλάκις ἀνθρώπων ὀργὴ νόον ἐξεκάλυψεν / κρυπτόμενον, μανίας πουλὺ χερειότερον e in App. BC 2.4.26 καὶ τὸν νοῦν ὑπὸ ὀργῆς ἀνεκάλυπτε. Non vorrei certo negare a Rhodoman la possibilità di aver innovato, dando a νόου ὀργή un inedito significato positivo; qualche sospetto tuttavia rimane.
Considererei la possibilità di correggere in νόου τ᾿ ὀξύφρονος ὁρμῇ. Il vocabolo – che più volte, nella tradizione dei testi antichi, si scambia con ὀργή9: lo stesso poteva accadere a un tipografo del Seicento – ha ovvie risonanze filosofiche, in particolare stoiche e neoplatoniche10, e in associazione con νοῦς era attestato in Synes. H. 1.6-7 θώρησσε δὲ νοῦ / ζαμενεῖς ὁρμάς, 1.373-4 ἐθόωσε νόον / πυρίαις ὁρμαῖς, cfr. anche Dio 9, 49b τὴν ὁρμὴν νοῦ κινουμένου γνώρισμα ποιοῦμαι (ove non si tratta di un nesso). Gli inni di Sinesio, nell’editio princeps di Willem Canter del 1567 o in quella di Franciscus Portus del 1568, erano ben accessibili agli umanisti tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento. L’impiego, già omerico, di ὁρμή a fine esametro (Il. 5x, Od. 3x) era peraltro diffuso nell’epica tardogreca cara a Rhodoman, quella di Oppiano (15x), di Quinto Smirneo (11x11) e di Nonno (D. 24x12, Par. Io. 11.168, 19.96)13. Inoltre, l’usus scribendi sembrerebbe appoggiare la congettura. Come mi fa notare Stefan Weise, «ὀργή has always a negative connotation in Rhodoman, as far as I can see – he translates it with ira or furor –, whereas the connection of ὁρμή and νοῦς is common in his work»: per il primo caso, cfr. Pal. 2.219 ἀλλὰ βίῃ παλάμαιν κραδίης τ’ εὐθαρσέος ὁρμῇ (sed vi palmarum generosae et robore mentis), 5.62 μαρνάμενος κραδίης μεγαλήτορος ὁρμῇ (animo praestans [...] egregie dum pugnat in hostem), 5.256 νόου μελεδήμονος ὁρμῇ (studiosae indagine mentis), 8.604 θεσπεσίῃσι νόον δεδονημένος ὁρμαῖς (perculsus subita mentem formidine), Theol. Christ. 1747 δι’ αὐτοφυῆ νοὸς ὁρμήν (pro insito mentis impetu), 2036 αὐτοθελεῖ νοὸς ὁρμῇ (voluntaria mentis inclinatione), 7740 χείρεσιν εὐκαμάτοισι νόου τ’ εὐμήδεος ὁρμῇ (manibus strenuis animique solertis impetu); per il secondo, Pal. 4.659 θυάδι πάφλασεν ὀργῇ (tumida mox bulliit ira), 7.28 νόμῳ πατρὸς ἔμπυρον ὀργὴν / ὀξύνων (ex legis cui iussibus iram / exacuit), 8.575 ἑῆς τεκμήριον ἔμπεδον ὀργῆς (monimentum hoc usque furoris)14.
Mette conto notare che un concetto analogo a quello del v. 113 era espresso pochi versi prima, a proposito degli studi parigini dello Scaligero: πλεῖον δέ μιν ἔμφυτος ὁρμὴ / καὶ πόνος ἢ τινά που λογίων παιδεύματ᾿ ὄφελλον (106-107). La simmetria è perfetta: anche qui l’impegno (πόνος ~ ἀγρύπνοις μελέτῃσι) e lo slancio dell’intelletto (ἔμφυτος ὁρμή ~ νόου τ᾿ ὀξύφρονος ὁρμῇ, se la mia proposta ha senso) contano più degli eventuali maestri (λογίων παιδεύματ᾿ ~ διδάκτορος). Si potrebbe obiettare che giustappunto la presenza di ὁρμή al v. 106 non incoraggia a introdurlo anche al v. 113. Che tuttavia i poeti greci fossero molto più tolleranti dei moderni verso le ripetizioni, è fenomeno che non poteva sfuggire a chi, come Rhodoman, avesse sviluppato una così intima familiarità col loro stile. Prescindendo da iterazioni enfatiche del genere di Arion 514-515 ἓν τὸ γὰρ ὀλλυμένοισιν ὀϊζύος ἄλκαρ ἕτοιμον· / οὐδὲ ἓν ἄλκαρ ἔχειν15, esempi più banali non mancano: cfr. Arion 105-108 ἀηδέα δαίμων ἀλγινόεις τέκτηνεν... λυγρὸς κακὸν ἔμβαλε δαίμων, 171-174 χάρις ἠδὲ καὶ αἰδώ... ὡς φάος αἰδοῦς, etc.
Ripeto: ὀργῇ non è indifendibile, e sono consapevole che ὁρμῇ rischia di rendere Rhodoman ancor più neoplatonico e nonniano di quanto egli non fosse. Ma lo era in alto grado16, e credo che la congettura valga la pena di segnalarla nell’apparato critico di una futura edizione del poemetto – che di cure ecdotiche ed esegetiche è quantomai meritevole17.
Note
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Sul grande filologo (italo?-)francese (1540-1609) la bibliografia è troppo vasta per esser riassunta in una nota. Basti qui rimandare al fondamentale Grafton 1983-93, riferimento ineludibile per chiunque voglia occuparsi di lui, e all’ancor utile Bernays 1855.
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Su Rhodoman, oltre al vecchio Lange 1741, fa ora testo l’introduzione di Weise 2019, pp. 7-26; vedi inoltre Ludwig 2014, Gärtner 2016, 2017 e 2022a, Pontani-Weise 2022, pp. 179-184. Un significativo interesse è rinato in tempi recenti per la sua poesia in greco: l’Arion ha beneficiato di un’eccellente edizione critica ad opera di Stefan Weise (2019), vari carmi più brevi sono stati riediti dallo stesso Weise e da Thomas Gärtner, mentre procede con buon ritmo, con la supervisione dei due studiosi, l’edizione digitale della sua poesia greca e latina fino al 1588 (https://www.rhodomanologia.de).
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«Lo Scaligero scoprì il latino antico. Egli lo seppe cercare in Varrone e in Festo, e per lui diventò così vivo che tradusse gl’Inni orfici e Licofrone solo per impiegare i vocaboli arcaici» (Wilamowitz 1967, p. 57).
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Vedi anzitutto Weise 2024, p. 61 n. 48. Altre lodi di Rhodoman da parte dello Scaligero sono segnalate da Weise 2019, pp. 28-30; qualche ulteriore osservazione in Scaligerana 1740, II pp. 532-533 – da usare con cautela: se indubbiamente «egli meritò che i discepoli ammirati annotassero gli Scaligerana che, alla dovuta distanza, si possono paragonare ai discorsi conviviali di Lutero e ai colloqui di Eckermann. Ad essi non si può paragonare la futilità di -ana posteriori» (Wilamowitz 1967, p. 56), si tenga d’altro canto presente che le varie raccolte di quegli aforismi inclusero molto materiale dubbio o manifestamente adulterato (brevi ma utili ragguagli in
https://warburg.sas.ac.uk/research-projects/archived-research-projects/joseph-justus-scaliger-correspondence/scaligerana). -
Rhodoman 1602. L’opuscolo reca in chiusura un epigramma del filologo e poeta in latino Friedrich Taubmann (1565-1613: su di lui vd. Ebeling 1883 e, presumo, Münch 1984, che mi è tuttavia rimasto inaccessibile): Aras Virgilio ponebat Iulius olim / Scaliger. At pro tam generoso carminis oestro / Iuliadae dicti, quo se cor iactet Homeri, / ponerem ego hic aras Rhodomano, Scaliger essem.
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Come del resto lo stesso Rhodoman (vedi Weise 2024, p. 52 e n. 3) e molti altri umanisti dell’epoca: cfr. Van Rooy-Van Hecke-Van Hal 2022. Il caso specifico di Isaac Casaubon è oggetto dell’ampia e illuminante trattazione di Grafton-Weinberg 2011.
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Le opere a stampa di Rhodoman non fanno eccezione: sul poemetto Arion vedi Weise 2019, pp. 126-132 (con qualche aggiunta in Magnelli 2023, pp. 307-308).
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Del cosiddetto Florilegium, ossia i libri 3-4 della raccolta stobeana, aveva prodotto nel 1557 una significativa edizione proprio il maestro di Rhodoman, Michael Neumann (“Neander”, 1525-95): vedi Curnis 2008, pp. 80-84.
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«Because the Byzantines were familiar with ὀργή only in the narrowed sense ‘anger’»: così, giustamente, West 1978, p. 232, con raccolta dei passi (tra cui il già citato Hes. Op. 304; qualche aggiunta in West 1979, p. 112).
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Vedi l’ottima nota di Spanoudakis 2014, p. 294.
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10x al tempo di Rhodoman, quando il vocabolo non era ancora stato restituito per congettura da Koechly in 11.460.
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Non includendo 24.69, in cui al tràdito ὁρμήν si tende a preferire μορφήν di Keydell (vedi Hopkinson-Vian 1994, p. 267), e 25.534, ove οὐρήν non è da correggere in ὁρμήν con Graefe (vedi Vian 1990, p. 268).
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Rhodoman segue anche altrove questa prassi: cfr. Arion 57 (da Oppiano: Weise 2019, p. 158) e 808.
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Il riferimento è ai Palaestinae, seu Historiae Sacrae, libri novem (Rhodoman 1589) e alla tuttora inedita Ποίησις θεολογική, τὰ ἐξαίρετα τῆς σωτηρίου διδασκαλίας μέρη στίχοις ἑξαμέτροις ἐκτιθεῖσα. Theologia Christiana sive Poema theologicum, praecipua salutaris doctrinae capita versibus hexametris exponens, del 1584, di cui si attende l’edizione a cura di Thomas Gärtner (vedi https://www.rhodomanologia.de/html/Rhod.Theol.Christ.html; l’autografo di Rhodoman, in esametri greci e versione latina in prosa, è consultabile digitalmente su https://haab-digital.klassik-stiftung.de/viewer/image/1461773946/4/) – non si confonda tale opus maius coi già editi e assai più brevi Theologiae Christianae tirocinia in 1940 esametri greci e altrettanti latini (Rhodoman 1596). Di tutti questi paralleli sono debitore alla competenza dell’amico Stefan Weise, che ringrazio sentitamente.
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Vistosa allusione a Verg. Aen. 2.354 una salus victis nullam sperare salutem, come ha ben visto Weise 2019, p. 190.
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Come gli studiosi della sua produzione poetica ben sanno: vedi soprattutto Gärtner 2022b.
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Ringrazio Claudio De Stefani, Federica Scognamiglio e Stefan Weise, dalla cui lettura in anteprima questa breve nota ha tratto grande beneficio. Di ogni errore rimasto sono io il solo responsabile.
Bibliografia
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Rhodoman 1596 = Lorenz Rhodoman, Θεολογίας Χριστιανικῆς Κατήχησις. Theologiae Christianae tirocinia; carmine heroico Graecolatino in V libros digesta [...], Lipsiae, impensis Henningii Grosii (= VD16 R 2107; USTC 696799)
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Informazioni
Cita come: Enrico Magnelli, Giuseppe Giusto Scaligero e la lingua ebraica: su un esametro greco di Lorenz Rhodoman in DILEF. Rivista digitale del Dipartimento di Lettere e Filosofia - 4 (2024), pp. 1-7. 10.35948/DILEF/2024.4350
- Data ricezione: 12/06/2024
- Data accettazione: 29/08/2024
- Data pubblicazione: 04/09/2024
- DOI: 10.35948/DILEF/2024.4350
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