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Le bianche (e sacre) galline di Livia. Su CIL VI 37763

 ARTICOLO SCIENTIFICO

  • Data ricezione: 30/09/2023
  • Data accettazione: 30/10/2023
  • Data pubblicazione: 27/11/2023

Abstract

Revisione di CIL VI 37763.


Review of CIL VI 37763.


Parole chiave
Keywords

Durante gli scavi per la realizzazione del ponte Vittorio Emanuele a Roma nei primi anni del ‘900, emerse dal fondo del Tevere una piccola tabella bronzea ansata (cm. 5,5 x 14), fratta in due parti perfettamente combacianti e munita su entrambi i lati di un foro per l’affissione. La tessera, opistografa, riporta incisi sulle due facce i seguenti testi (altezza lettere cm. 0,5 - 0,6)1:

  • a. Glypti Aug(usti) lib(erti) proc(uratoris) | praetori Fidenatium et | Rubrensium et Gallinar(um)| Albarum sacrum quae prae|stu est usibus Caesaris n(ostri).
  • b. M(arci) Ulpi Aug(usti) [l]ib(erti) Diadume|ni proc(uratoris) praetori Fide|natium et Rubrensium | et Gallinar(um) Albarum sa|crum quae praestu est usi|bus Caesaris n(ostri).

Tutti i commentatori si sono visti d’accordo nell’ascrivere la tessera alla categoria delle tesserae immunitatis, definizione che la dottrina dei secc. XIX e XX assegnava ad un insieme assai variegato di piccole tabellae bronzee, per lo più di provenienza urbana, ma non solo, iscritte con dei tituli possessionis2. La loro funzione, secondo l’interpretazione generale, sarebbe consistita nell’affissione su mezzi di trasporto al fine di segnalarne la proprietà e, di conseguenza, l’esenzione rispetto ad eventuali tributi e imposizioni dovute alle merci o alle persone trasportate. Dato il luogo di rinvenimento, per la nostra tessera è stata postulata un’affissione su di un’imbarcazione fluviale, la quale avrebbe servito i due procuratori impegnati nell’amministrazione dei tre praetoria suburbani menzionati nella tabella3. Così, nella lettura offerta da Vaglieri nel 1910 della faccia b., all’epoca intesa come la più risalente tra le due, il quae sarebbe stato da riferirsi a una navis o una raeda, mentre sacrum, da sciogliersi in sacr(or)um, ai tre praetoria menzionati (sacri dunque “imperiali”)4:

  • b. (Navis o raeda) M. Ulpi Aug(usti) lib(erti) Diadume|ni, proc(uratoris) praetori Fide|natium et (praetori) Rubrensium | et (praetori) Gallinar(um) Albarum, sa|cr(or)um, (navis o raeda) quae praestu est usi|bus Caesaris n(ostri).

Ottant’anni dopo egualmente Panciera riconosceva la funzione di “targa” navale assegnata all’etichetta, ma con una diversa valutazione dell’aggettivo sacrum, che  avrebbe indicato «in assoluto l’intangibilità ed immunità dell’oggetto», laddove «la relativa che segue, concordata nel genere al soggetto sottinteso (sarà navis piuttosto che, raeda in considerazione del rinvenimento della targhetta nei Tevere e dell’ubicazione delle proprietà)» sarebbe stata da intendersi «come esplicitazione del motivo dell’intangibilità stessa». A ciò conseguiva la trascrizione:

  • b. M(arci) Ulpi Aug(usti) [l]ib(erti) Diadume|ni proc(uratoris) praetori Fide|natium et Rubrensium | et Gallinar(um) Albarum, sa|crum, quae (navis) praestu est usi|bus Caesaris n(ostri).

Rimane oscura, almeno a chi scrive, la ragione per cui l’aggettivo sacrum non dovesse essere in concordanza logica col quae riferito all’oggetto su cui la tessera era affissa. Ad ogni modo, e al di là dell’esegesi di «sacrum», di cui dirò più in basso, credo che sia l’interpretazione complessiva del documento che meriti un ripensamento, ad iniziare dalla funzione assegnata alla tessera. A me pare, in effetti, che il rinvenimento nel Tevere non presupponga che quest’etichetta fosse stata apposta su di un’imbarcazione. Le cause per cui la tessera finì nel fiume possono essere state tra le più disparate e inconoscibili. Non ravviso nemmeno motivi validi per postulare che dei liberti, amministratori di ville imperiali, avessero dovuto dichiarare di possedere una navis o una raeda. Le imbarcazioni che navigavano il tratto terminale del Tevere e che servivano il fiscus erano di norma appaltate5. Così sarà stato pure per le eventuali imbarcazioni atte a soddisfare le esigenze del patrimonium Caesaris. Da un punto di vista epigrafico, poi, delle lettere di mezzo centimetro incise su di una etichetta alta cinque non potevano certo essere visibili se apposte ad una fiancata di una qualsiasi imbarcazione, anche fluviale. Le dimensioni della tessera saranno piuttosto state rapportate all’oggetto sul quale la tabella era inchiodata e del quale dichiarava la proprietà. Il testo doveva infatti apparire leggibile a chi maneggiasse tale oggetto. In caso contrario, la sua apposizione sarebbe risultata del tutto inutile. L’evidenza archeologica da Pompei permette di stimare che l’applicazione abituale di queste piccole etichette iscritte con tituli possessionis avvenisse su capsae, cistae, cassette porta valori o bauli in genere6. Nel testo non vi è alcun riferimento ad un’immunitas – peraltro anacronistica nella Roma di II sec. d.C.7 – né ad un’intangibilità dell’oggetto dovuta ad una presunta sacralità della res Caesaris. La proprietà imperiale non è mai definita sacra a cavallo tra I e II sec. d.C. Sacer è ancora all’epoca «ciò che appartiene al dio»8. Pertanto, se qualcosa di sacer v’è nella tessera in esame, esso va ricercato altrove, probabilmente nella denominazione dell’unico praetorium tra i tre menzionati di cui si conosca l’ubicazione e la storia: la villa di Livia a Prima Porta. Questa residenza è nota da Plinio e Svetonio che la definiscono più semplicemente villa ad Gallinas. L’origine del nome è spiegata da entrambi gli autori attraverso un omen, detto della gallina alba9, che si sarebbe palesato in questo luogo a Livia poco prima del suo matrimonio con Ottaviano (39 a.C.):

Suet., Galba 1: Liviae, olim post Augusti statim nuptias Veientanum suum revisenti, praeter volans aquila gallinam albam ramulum lauri rostro tenentem, ita ut rapuerat, demisit in gremium; cumque nutriri alitem, pangi ramulum placuisset, tanta pullorum suboles provenit, ut hodieque ea villa ad Gallinas vocetur, tale vero lauretum, ut triumphaturi Caesares inde laureas decerperent; fuitque mos triumphantibus, illas confestim eodem loco pangere; et observatum est, sub cuiusque obitum arborem ab ipso institutam elanguisse. Ergo novissimo Neronis anno et silva omnis exaruit radicitus, et quidquid ibi gallinarum erat interiit; ac subinde tacta de caelo Caesarum aede, capita omnibus simul statuis deciderunt, Augusti etiam sceptrum e manibus excussum est.


Plin., Nat. Hist. 15, 136-137: Namque Liviae Drusillae, quae postea Augusta matrimonii nomen accepit, cum pacta esset illa Caesari, gallinam conspicui candoris sedenti aquila ex alto abiecit in gremium inlaesam, intrepideque miranti accessit miraculum. Quoniam teneret in rostro laureum ramum onustum suis bacis, conservari alitem et subolem iussere haruspices ramumque eum seri ac rite custodiri: quod factum est in villa Caesarum fluvio Tiberi inposita iuxta nonum lapidem Flaminiae viae, quae ob id vocatur Ad Gallinas, mireque silva provenit. Ex ea triumphans postea Caesar laurum in manu tenuit coronamque capite gessit, ac deinde imperatores Caesares cuncti. Traditusque mos est ramos quos tenuerunt serendi, et durant silvae nominibus suis discretae, fortassis ideo mutatis triumphalibus.

A detta di Plinio e Svetonio, Livia avrebbe quindi ricevuto in grembo da un’aquila una gallina bianca con stretto nel becco un ramoscello di alloro colmo di bacche. Quest’ultime sarebbero state piantate colà dove si era palesato il prodigio, dando vita ad un boschetto rigoglioso, così come la gallina alba, che, allevata, avrebbe generato a sua volta una prole altrettanto numerosa, da cui il nome della villa. Un dato però, omesso da Svetonio, ma non da Plinio, ci illumina sui concreti motivi religiosi che avrebbero giustificato la coltura dell’uno e l’allevamento dell’altra: l’intervento degli aruspici. Scrive in tal senso Plinio: «conservari alitem et subolem iussere haruspices ramumque eum seri ac rite custodiri». Gli aruspici, interrogati sulla natura dell’accaduto, avevano evidentemente dato un responsum positivo in ordine alla provenienza divina della gallina alba e del ramoscello di alloro, tanto da imporre una loro prolificazione. Sacer dovette perciò essere considerato il laurus (e le piante nate dai suoi frutti), sacra la gallina (e la sua prole)10. Se così è, come sembra potersi trarre dal luogo pliniano, è abbastanza verosimile che la tessera riporti nulla più se non la denominazione completa ed esatta della villa di Livia, esatta giacché mutuata dalle caratteristiche precipue dei volatili che vi dimoravano: non delle semplici gallinae, ma della gallinae albae e sacrae. Concordo dunque con Vaglieri nell’intendere sacrum come una forma abbreviata di genitivo plurale11, da riferirsi tuttavia non già ai praetoria, bensì, come è lecito attendersi, ai termini che nel testo la precedono immediatamente: gallinarum albarum. Alla luce di queste considerazioni, la trascrizione che propongo delle due facce della tessera è la seguente:

  • a. Glypti Aug(usti) lib(erti) proc(uratoris) | praetori Fidenatium et | Rubrensium et Gallinaru|m Albarum Sacr(ar)um, quae prae|stu est usibus Caesaris n(ostri).

  • b. M(arci) Ulpi Aug(usti) [l]ib(erti) Diadume|ni proc(uratoris) praetori Fide|natium et Rubrensium | et Gallinar(um) Albarum Sa|cr(ar)um, quae praestu est usi|bus Caesaris n(ostri).
Note
  • 1

    CIL VI 37763 = ILS 9024; 9025. Immagine in EDR 072371 (faccia a.); 029528 (faccia b.); cfr. Friggeri 2012, pp. 420-421. La lettura dei testi qui proposta è quella fornita da Panciera, 1990, pp. 178-179 = AE 1990, 118 (ora in Panciera, 2006, pp. 869-870), a cui va ricondotta anche l’analisi dei fori e della cornice, che ha permesso di stabilire che la tessera fosse stata commissionata dal procuratore Glyptus (faccia a.), quindi reincisa sul verso dal colliberto M. Ulpius Diadumenus (faccia b.) per essere riutilizzata. M. Ulpius Diadumenus è probabilmente il medesimo Diadumenus, proc(urator) huius praetori della dedica sacra edita da Panciera, 1990, p. 177 = AE 1990, 118; più incerta l’identificazione di Glyptus con l’omonimo liberto ab epistulis in una dedica sacra da Aquae Albulae (Tivoli) in CIL XIV 3909 = ILS 3892 = Inscr. It. IV/1, 595 (epoca adrianeo-antonina).

  • 2

    CIL XV, p. 891.

  • 3

    L’unico praetorium, di cui si conosca l’ubicazione, è quello Gallinarum Albarum, riferibile alla villa di Livia a Prima Porta, su cui si veda più avanti nel testo; bibliografia in Maiuro, 2012, pp. 243-244; sconosciuti il praetorium Fidenatium e quello Rubrensium; sulla loro possibile localizzazione Maiuro, 2012, pp. 244-245.

  • 4

    Vaglieri, 1910 = AE 1910, 112.

  • 5

    Caldelli, 2014; Tran, 2020, con precedente bibliografia; cfr. inoltre CIL XV 7150 (perduta).

  • 6

    Parma, 2000. Sia detto che la presunta pratica di applicare delle minuscole “targhe” bronzee ai veicoli terrestri (come quelli in uso alla vehiculatio), così come alle imbarcazioni marine o fluviali, non si fonda su alcuna fonte. È d’altra parte lecito stimare che nel caso in cui fosse essa stata realmente una prassi invalsa, anche la nostra evidenza documentaria sarebbe stata plausibilmente più cospicua delle poche decine di tesserae immunitatis sopravvissute; cfr. Faoro, 2021. Si veda sull’interpretazione di questi documenti per l’epoca successiva anche Cecconi, 2014.

  • 7

    Non ho notizia che in letteratura, sebbene ricorrente, il richiamo a supposti dazi o tributi, che le tesserae immunitatis avrebbero scongiurato rispetto al trasporto di persone o cose a Roma o in Italia in epoca altoimperiale, sia stato mai accompagnato da un’indicazione precisa riguardo la qualità e la natura di tali, presunti obblighi.

  • 8

    Morani, 1981, p. 30; una riformulazione dell’assunto di Morani ora in Fiori, 2018.

  • 9

    Sul quale Flory, 1989, con un’analisi degli aspetti politici e propagandistici ad esso collegati; l’omen è noto anche da Cass. Dio 48, 52, 3-4, che tuttavia non cita la villa di Livia.

  • 10

    Responsum dato con buona probabilità dagli aruspici pubblici alle dipendenze dello stesso triumviro Ottaviano (sulla distinzione tra aruspici pubblici e privati Haak, 2002). Nel caso in esame, è verosimile che l’alloro e la gallina alba fossero stati considerati doni degli dei superi (aquila ex alto abiecit), come parrebbe anche trarsi dal conspicuus candor della gallina, circostanza che avrebbe di per sé escluso la necessità d’una procedura di consecratio. Sulle fonti che testimoniano la facoltà degli aruspici di riconoscere come sacer un elemento o un luogo, poiché di provenienza divina ovvero poiché “presi” dall’azione di una divinità, si veda recentemente Tassi Scandone, 2017; sul ruolo di divinazione pubblica assunto in modo crescente dagli aruspici tra II e I sec. a.C. si veda Zecchini, 2001, pp. 76 sgg.; Rüpke, 2018, pp. 218 sgg.

  • 11

    Per quanto inconsueta, l’abbreviazione sacr(or)um, ancorché non si tratti di una forma errata del genitivo plurale sacrorum, è altrimenti attesta in CIL XI 1610 = ILS 6607 (immagine in EDR 105539).

Bibliografia
  • Caldelli, 2014 = Maria Letizia Caldelli, Il funzionamento delle infrastrutture portuali ostiensi nella documentazione epigrafica, in L’epigrafia dei porti, a cura di Claudio Zaccaria, Trieste, EUT Edizioni Università di Trieste, pp. 65-80.

  • Cecconi, 2014 = Giovanni Alberto Cecconi, Privilegi reali o presunti per senatori tardo romani: le tabellae immunitatis e i tituli in laminis securiclatis vel in discis inscripti varii argumenti, in Epigrafia e ordine senatorio trent’anni dopo, a cura di Maria Letizia Caldelli e Gian Luca Gregori, Roma, Edizioni Quasar, pp. 184-193.

  • Faoro, 2021 = Davide Faoro, De statione Augusta Mediolani: su una tessera bronzea d’epoca Giulio-Claudia menzionante un lib. Augusti a rationibus, «ZPE», CCXVII, pp. 253-260.

  • Fiori, 2018 = La condizione di homo sacer e la struttura sociale di Roma arcaica, in Autour de la notion de sacer, a cura di Thibaud Lanfranchi, Roma, Publications de l’École française de Rome, pp. 171-127.

  • Flory, 1989 = Marleen B. Flory, Octavian and the Omen of the “Gallina Alba”, «The Classical Journal», LXXXIV, pp. 343-356.

  • Friggeri, 2012 = Terme di Diocleziano. La collezione epigrafica, a cura di Rosanna Friggeri, Roma, Electa.

  • Haak, 2002 = Marie-Laurence Haak, Haruspices publics et privés: tentative d’une distinction, «REA», CIV, pp. 111-133.

  • Maiuro, 2012 = Marco Maiuro, Res Caesaris. Ricerche sulla proprietà imperiale nel principato, Bari, Edipuglia.

  • Morani, 1981 = Moreno Morani, Lat. «sacer» e il rapporto uomo-dio nel lessico religioso romano, «Aevum», LV, pp. 30-46.

  • Panciera, 1990 = Silvio Panciera, Procurator huius praetori, in Studia in honorem Borisi Gerov, Sofia, Sofia Press, pp. 175-189.

  • Panciera, 2006 = Silvio Panciera, Procurator praetori Fidenatium?, in S. Panciera, Epigrafia, epigrafi, epigrafisti. Scritti vari editi e inediti (1956-2005) con note complementari e indici, vol. I, Roma, Edizioni Quasar, pp. 863-874.

  • Parma, 2000 = Aniello Parma, Due tessere bronzee inedite del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, «Annali di Archeologia e Storia Antica. Dipartimento di studi del mondo classico e del Mediterraneo antico», VII, pp. 201-208.

  • Rüpke, 2018 = Jörg Rüpke, Pantheon. Una nuova storia della religione romana, Torino, Giulio Einaudi Editore.

  • Tassi Scandone, 2017 = Elena Tassi Scandone, Sacer e sanctus, quali rapporti?, in Autour de la notion de sacer, a cura di Thibaud Lanfranchi, Roma, Publications de l’École française de Rome.

  • Tran, 2020 = Nicolas Tran, Boatmen and their Corpora in the Great Ports of the Roman West (Second to Third Centuries AD), in Roman Port Societies. The evidence of Inscriptions, a cura di Pascal Arnaud e Simon Keay, Cambridge, Cambridge University Press, pp. 85-106.

  • Vaglieri, 1910 = Dante Vaglieri, Targhetta di rame trovata nel Tevere, «Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma», XXXVII, pp. 141-149.

  • Zecchini, 2001 = Giuseppe Zecchini, Cesare e il mos maiorum, Stuttgart, Franz Steiner Verlag.

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Informazioni
Cita come: Davide Faoro, Le bianche (e sacre) galline di Livia. Su CIL VI 37763 in DILEF. Rivista digitale del Dipartimento di Lettere e Filosofia - 3 (2023), pp. 15-22. 10.35948/DILEF/2024.4337
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