Abstract
Tra le novità del Vocabolario Dantesco spicca l'apertura del suo lemmario alla varia lectio testimoniata dalla ricca e complessa tradizione del poema. Il contributo si sofferma sul trattamento lessicografico di tale particolare materiale lessicale, mettendone a fuoco i criteri, i problemi metodologici e i risultati in acquisizione (anche alla luce del recente finanziamento PRIN, specificamente inteso alla valorizzazione della lezioni alternative lessicalmente rilevanti). Si discutono inoltre, come casi esemplari, le voci imbiancare (Purg. IX 2) e appulcrare (Inf. VII 60), con le relative varianti.
The Vocabolario Dantesco also considers, within its lemmarium, the words that come from the varia lectio of the poem, so rich and complex. The essay focuses on the innovative lexicographic treatment of this particular lexical material, focusing on the criteria, the methodological problems and the first results (also in light of the recent PRIN funding, specifically aimed at enhancing lexically relevant alternative lessons). The essay also discusses, as exemplary cases, the entries imbiancare (Purg. IX 2) and appulcrare (Inf. VII 60), with their relative variants.
Parole chiave
Keywords
1. Il progetto
Seppur inserito nel solco secolare della prassi lessicografica e dei rapporti fra quest’ultima e Dante – un solco naturalmente già segnato, in tempi e in modi diversi, dall’Accademia della Crusca e dall’Opera del Vocabolario Italiano (CNR) –, il Vocabolario Dantesco (VD) si presenta come uno strumento d’impostazione tutt’altro che tradizionale. Ad alimentare lo scarto nei confronti di quella stessa storia di cui tale impresa è figlia non è tanto la sua natura interamente digitale, dalle banche dati al software redazionale, e ad accesso libero (che oggi potremmo considerare ormai irrinunciabile nell’ambito di qualsiasi progetto scientifico), ma il suo peculiare approccio metodologico aperto, dinamico, che fa fronte a una visione altrettanto aperta del lessico dantesco. Si fa qui riferimento, in particolare, alla scelta del VD di ammettere allo scrutinio lessicografico anche la variantistica raccolta negli apparati1, ossia quel materiale linguistico che l’editore di un testo – un editore orientato ai criteri lachmanniani, naturalmente – considera un guasto rispetto alla lezione dell’autore (o, almeno, rispetto a quella collocabile nel punto più alto dello stemma)2. Tale criterio è stato imposto, in limine, dalla delicata situazione filologica dell’opera su cui si è aperto il progetto del VD, la Commedia, affidata a una tradizione così ricca e così precocemente segnata da corruttele da lasciare ogni tentativo di ricostruzione testuale costellato di loci critici e di alternative indecidibili su dati meramente stemmatici. Ne è prova, d’altro canto, la straordinaria operosità dei cantieri di ricerca della filologia dantesca, che continuano a produrre saggi ed edizioni critiche volti a ripensare, più e meno vistosamente, il testo del poema. Testo che dunque resta, in una certa misura, aperto.
Sin dal principio, è insomma apparso evidente come uno strumento fondato sul proposito di indagare in modo esaustivo e sistematico il lessico del poema non potesse non assecondare e valorizzare la dimensione dinamica di tale testo, registrandone opportunamente tutti i movimenti più significativi. In tempi recenti, la riflessione sul problema dell’implementazione della varia lectio nelle maglie lessicografiche del VD si è tuttavia aperta a ulteriori sollecitazioni, ricevendo nuova linfa dall’assegnazione di un prezioso finanziamento PRIN3. Il progetto, avviatosi nell’ottobre del 2023 con il titolo New open access critical edition of Dante’s “Commedia” fostering digital humanities projects. Collation of 580 mss, provisional texts and apparatuses, and lexical updatings to the “Vocabolario Dantesco”, ha infatti posto il cantiere lessicografico fiorentino del VD in contatto diretto con quello ecdotico ferrarese che, sotto la guida di Paolo Trovato, da tempo lavora alacremente alla realizzazione di una nuova edizione critica del poema. La direzione del PRIN è affidata a Fabio Romanini (Università di Ferrara), mentre chi scrive è responsabile dell’unità di ricerca fiorentina (Università di Firenze / Accademia della Crusca)4. All’interno di quest’ultima, il finanziamento ha consentito l’attivazione di due assegni biennali, entrambi dedicati all’attività redazionale del VD e, in particolare, alla valorizzazione della variantistica5.
2. La selezione e il trattamento lessicografico della variantistica
A livello metodologico non meno che a livello teorico, l’implementazione della varia lectio ha comportato la definizione di criteri evidentemente eccezionali, senz’altro estranei alla consueta prassi lessicografica e, al contempo, capaci di rovesciare i princìpi fondativi della filologia (poiché, di fatto, si recupera quel materiale lessicale che è scrupolosamente scartato dall’editore). L’unicità di tali criteri è stata oggetto di un ampio dibattito critico in seno al gruppo di ricerca del VD, teso a verificare e a riprecisare le soluzioni proposte alla luce dei nuovi casi incontrati con il procedere della redazione. Non sarà necessario, in questa sede, ripercorrere le fasi cruciali che hanno segnato l’avanzamento di tale dibattito6; può invece essere utile, anche per una più accurata valutazione dei casi presentati nelle osservazioni successive, un rapido richiamo dei fondamenti metodologici e dei criteri ormai acquisiti che regolano la selezione e il trattamento lessicografico della variantistica all’interno del VD.
Il lemmario di partenza, messo a punto all’avvio del progetto, è stato anzitutto estratto da un testo base del poema individuato in quello approntato da Petrocchi7, ossia nell’edizione già presente in versione informatizzata nel Corpus OVI e, dunque, già impiegata per la redazione delle voci del TLIO. Con il procedere della redazione, il lemmario così composto, comprensivo di oltre 5.500 entrate, viene sistematicamente implementato mediante il controllo di più fonti. Vengono presi in considerazione, in particolare: la prima fascia d’apparato della stessa edizione Petrocchi (da cui si riprendono anche le sigle dei codici); altre edizioni più recenti8 allestite secondo criteri alternativi; singoli contributi rilevanti prodotti negli ultimi anni relativi a loci critici del testo del poema. Fra le edizioni più autenticamente alternative, sono di norma presi in esame i lavori di Antonio Lanza (1996) e di Federico Sanguineti (2001), nonché, naturalmente, i risultati via via apportati dal già ricordato cantiere ferrarese9.
Imprescindibile è anche il riferimento alle edizioni nuove ma ancora accostabili, seppur in parte, al filone petrocchiano10. Il VD non può non tener conto, in particolare, della recentissima Edizione Nazionale della Commedia curata da Giorgio Inglese (2021), che, a partire da una rielaborazione dello stemma, propone una revisione capillare e sostanziale del testo fondato sull’antica vulgata11. La vivacità che da sempre caratterizza il panorama degli studi danteschi – con le inevitabili punte in coincidenza delle ricorrenze centenarie – implica giocoforza che anche «le fonti di cui il VD dispone per la varia lectio non siano e non possano essere stabili ed esaustive»12: ecco dunque un altro elemento metodologico dinamico del piano di lavoro.
Proprio quanto appena detto impone al nostro strumento l’adozione di criteri chiari e rigorosi per la selezione delle varianti, capaci di guidare con sicurezza il redattore attraverso il materiale, vasto e mutevole, a disposizione. Rinviando ancora alla bibliografia pregressa e al sito per gli indispensabili approfondimenti13, ci si limita a ricordare che tale scrutinio esclude anzitutto le alternative di natura puramente formale, sottoponendo a valutazione soltanto le varianti sostanziali, ossia quelle «provviste di carattere lessicalmente significativo e tali da inserirsi con coerenza nella tessitura del VD»14. In particolare, le varianti ammesse al vaglio del redattore devono superare un duplice sbarramento: il primo, di tipo filologico, impone di prendere in considerazione soltanto le varianti di per sé ammissibili a testo e dunque accettabili, anzitutto, sul piano del senso e del metro (potremmo dire lezioni adiafore nel contesto in esame)15; il secondo, prettamente linguistico, limita l’analisi a quelle lezioni corrispondenti a un lemma altrimenti non attestato nell’edizione Petrocchi (si parla, in questo caso, di varianti-nuovo lemma; in sigla: [var.]) oppure a un lemma che, seppure attestato, presenta un diverso uso semantico o grammaticale (si parla allora di varianti-nuova accezione; in sigla: [+var.])16.
Mettendo a frutto la maschera di ricerca disponibile all’interno del sito – e sviluppata, come il resto, da Salvatore Arcidiacono –, è possibile estrarre qualche dato statistico sul peso della variantistica nel VD17. Al momento in cui si scrive, le schede pubblicate e consultabili sono 1555; le varianti che costituiscono un nuovo lemma, ossia le uniche in grado di accrescere numericamente il lemmario di partenza, sono in totale 72, e rappresentano pertanto quasi il 5% delle voci disponibili18.
Si tratta, com’è evidente, di un dato provvisorio e da prendere con cautela, anzitutto perché limitato alla porzione di schede che ha completato il percorso di redazione e di revisione, che attualmente corrisponde a poco meno di 1/3 del lemmario previsto, ma anche perché verosimilmente correlato alla tipologia dei lemmi redatti. Nelle fasi di avvio del progetto, infatti, l’attività redazionale ha preso in considerazione soprattutto hapax e prime attestazioni, o comunque parole rare (latinismi e prestiti notevoli, tecnicismi ecc.), anche allo scopo di saggiare il complesso sistema di marcatura ideato. Benché la selezione si sia presto allargata anche ad altre voci linguisticamente meno caratterizzate (incluse quelle oggi appartenenti al lessico fondamentale), il numero di varianti finora accolte dovrà necessariamente essere valutato anche alla luce di quanto detto. Occorrono evidentemente dati ulteriori; in via indicativa, tuttavia, si potrà qui almeno osservare che, dei 72 lemmi alternativi attualmente registrati, 49 sono collegati a una voce che conta un’unica occorrenza nel poema (spesso, ma non necessariamente, si tratta di parole a bassa disponibilità anche nell’italiano delle origini); 43 a una prima attestazione. Infine, 25 varianti si collocano in posizione rimica.
3. Imbiancare / imbiaccare19
Se i numeri offerti, nella loro parzialità, impediscono di stilare dei bilanci conclusivi, è pur vero che confermano la disponibilità di un discreto insieme di casi significativi, senz’altro diversi per genesi e peso filologico, ma di indubbio interesse lessicografico. Veniamo allora a qualche esempio.
Si osservi, per cominciare, la perifrasi astronomica con cui si apre il canto IX del Purgatorio e, in particolare, l’uso del verbo imbiancare:
La concubina di Titone antico
già s’imbiancava al balco d’orïente,
fuor de le braccia del suo dolce amico...
(Purgatorio IX 1-3)
L’Aurora lunare viene qui rappresentata mentre si affaccia al ‘balcone’ (cioè all’orizzonte) orientale e rivela tutto il suo chiarore, non più «adombrata da’ vapori terrestri»20 del suo amante Titone. Il verbo imbiancare, infatti, attestato già in Iacopone con l’accezione di ‘ricoprire di sostanze cosmetiche, truccare (la pelle)’21, andrà qui inteso ‘farsi luminoso, risplendere’. La potenza della personificazione dantesca spinge tuttavia già i commentatori trecenteschi ad accostare l’immagine mitologica e astronomica a quella, più concreta e quotidiana, di una bella donna che si desta alle prime luci dell’alba e si affaccia alla finestra (così, per esempio, chiosa il passo Benvenuto da Imola: «sicut mulier pulcra alba surgens de lecto facit se ad fenestram»)22. Avanzando lungo la medesima linea interpretativa, parte dell’esegesi moderna potenzia ulteriormente la concretezza di tale lettura riconoscendo al verbo imbiancare un’allusione al trucco femminile: la donna sarebbe dunque qui còlta nell’azione di ‘darsi il bianco, il liscio’ sul volto23. La lettura, che pure troverebbe il supporto dell’attestazione di Iacopone già ricordata, appare tuttavia poco convincente nel particolare contesto dantesco, poiché sottrarrebbe al verbo un necessario riferimento alla luce di cui l’astro sorgente è portatore24.
Certo è che l’accento antropormorfo dell’immagine dantesca, valorizzato già dai primi esegeti, si propaga – più o meno consapevolmente – anche nella tradizione testuale: il codice Hamilton 203 (Berlin, Staatsbibliothek Preussischer Kulturbesitz), databile 134725, legge infatti s’imbiaccava (sinbiacchaua), cioè ‘si dava in viso la biacca’. L’uso del verbo, un tecnicismo della cosmesi antica (basti il richiamo alla Nencia che, quando «va alla festa, / [...] si liscia e imbiacca et rasetta», 41, 1-3)26, è scarsamente documentato nei testi italiani delle origini. Secondo la corrispondente voce del TLIO, infatti, imbiaccare è attestato unicamente in un’anonima frottola toscana del XIV secolo: «Femmina che troppo s’imbiacca e uomo che troppo spende, accatta e non rende, non i piace» (Un pensier mi dice “dì”, 9)27. Il GDLI registra un’altra occorrenza antica nel volgarizzamento del De agricoltura del Palladio, testo toscano della prima metà del Trecento («s’imbiacca con marmo polverizzato», 1, 7)28; di tale forma, tuttavia, non c’è traccia nell’edizione citata29.
Più documentato risulta l’aggettivo imbiaccato, di cui si rileva una prima attestazione in un documento fiorentino datato 1318-1322 («per tiratura d’una saia lingia imbiachata che facemo tirare a’ tiratori ischoperti»)30. Stando alla voce del TLIO, l’aggettivo può far riferimento sia a un trattamento tecnico di oggetti (di stoffe, per esempio), sia all’operazione di imbellettatura della persona; non manca, infine, il senso figurato, documentato nel volgarizzamento fiorentino delle Pistole di Seneca (databile, nella seconda redazione, al secondo quarto del XIV secolo), in cui imbiaccato vale ‘fittizio, non autentico’: «la beatitudine di tutti coloro è fittizia, imbiaccata, e non vera» (ivi, L. XIII, ep. 80)31. Arricchiscono la documentazione dell’aggettivo anche due occorrenze rilevate nell’anonimo volgarizzamento fiorentino della Legenda aurea di Iacopo da Varazze (databile alla seconda metà del XIV secolo), che il TLIO cita dall’edizione di Arrigo Levasti («raunanze d'uomini imbiaccati», cap. 158; «v’apparirono con moltitudine d’imbiaccati», cap. 138, qui con valore sostantivato). Come nota Zeno Verlato in un recentissimo contributo, tuttavia, le due lezioni sono trasmesse solo da una parte della tradizione; la nuova edizione critica in allestimento, curata da Speranza Cerullo, Diego Dotto, Laura Ingallinella, Roberto Tagliani e lo stesso Verlato, in entrambi i casi mette a testo imbiancati, lezione coerente con il testo latino e più soddisfacente sul piano semantico32.
I dati raccolti consentono insomma di assegnare all’imbiaccare del codice Hamilton un notevole rilievo, evidente non soltanto sul piano della ricezione e dell’interpretazione del testo ma anche, e soprattutto, sul piano lessicografico: tale occorrenza consente infatti di ampliare l’esigua documentazione del verbo (e dell’aggettivo) nella lingua antica offrendo, per di più, un’attestazione topologicamente e cronologicamente ben circoscritta rispetto a quelle disponibili.
4. Appulcrare / impulcrare, pulcrare, ripulcrare33
Si consideri ora un altro esempio, reso indubbiamente più complesso dal maggior portato ecdotico delle opzioni in campo. Il canto VII dell’Inferno illustra la vile condizione degli avari e dei prodighi, i quali, privati in vita della luce della ragione dal loro amore per il denaro, sono ora condannati a ripetere eternamente una grottesca danza, sospingendo enormi massi. Alla brutalità della pena si allinea il linguaggio, che addensa suoni aspri e sequenze rimiche quasi impossibili, come quella introdotta da sepulcro, al v. 56:
In etterno verranno a li due cozzi:
questi resurgeranno dal sepulcro
col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi.
Mal dare e mal tener lo mondo pulcro
ha tolto loro, e posti a questa zuffa:
qual ella sia, parole non ci appulcro.
(Inferno VII 55-60)
Nell’edizione di riferimento, alle singolari esigenze di suono di tale sostantivo risponde il verbo appulcrare, una formazione parasintetica costruita sul latinismo pulcro, anch’esso parte della serie rimica, da considerarsi di conio dantesco34: non si rilevano infatti attestazioni del verbo corrispondente in latino o mediolatino35, mentre, sul fronte volgare, appulcrare risulta impiegato unicamente entro il circuito del poema e della sua esegesi36. Sul piano semantico, il nucleo aggettivale assegna al parasinteto il senso di ‘rendere bello, ornare’, con un probabile riferimento al vocabolario tecnico dell’arte oratoria37: così, «parole non ci appulcro» vale, come chiosa Cristoforo Landino, «non ci abbellisco parole. Quasi dica: non vo con stilo oratorio, el quale con parole ornate sommamente vitupera questa zuffa, perché la chosa è sì manifesta in sé, che non fa mestiere che io la exorni»38.
La forma messa a testo da Petrocchi – che pensa senz’altro a una neoformazione del poeta39 – non è tuttavia l’unica possibilità documentata dalla tradizione; anzi, la maggior parte dei testimoni compresi nel canone dell’antica vulgata attesta pulcro, mentre due codici recano le lezioni ripulcro e impulcro. Questa, in sintesi, la situazione:
appulcro | Co Fi Ham Mart (apulcro) Parm |
impulcro | Pa |
pulcro | Ash (nonci‹a› pulcro) Cha Eg La (ci‹li› pulcro) Lau Laur (cie pulcro) Lo Mad (ti pulcro) Pr Rb Ricc Triv Tz Urb (polcro) |
ripulcro | Po |
Il redattore del VD ha dunque davanti a sé un quadro decisamente più mosso rispetto al caso precedente, in linea, evidentemente, con il più alto grado di difficoltà della soluzione originale.
Si prendano in esame, anzitutto, le ultime due forme ricordate: entrambe parasintetiche, come appulcrare, ma con differente prefisso. Ripulcrare, lezione individuale del codice Poggiali (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Palatino 313, databile al secondo quarto del XIV secolo)40, non conosce altre attestazioni nella letteratura antica; il verbo risulta assente nel Corpus OVI e non è registrato dai lessici. Il verbo impulcrare, del codice Parigino (Paris, Bibliothèque Nationale, It. 538, datato 1351)41, invece, risulta impiegato, peraltro in identica serie rimica, anche in un testo della seconda metà del Trecento, ossia la Leandreride di Giovanni Girolamo Nadal: «Segue col canto de’ tuoi moderni anni / (e d’i macci) dal Borgo San Sepolcro / Petruccio, che cantando se orna i panni; e Drudo da Ravenna co ’l dir pulcro, / Antonio Fabio Fastulo cum Guido / de Roncofreddo, de’ quai dir me impulcro» (IV 7, 70-75)42. L’opera, un poema in terza rima composto fra il 1375 e il 1383, è interamente intessuta di richiami danteschi che mostrano una conoscenza profonda della Commedia e il desiderio di imitarne il modello poetico, presentato come insuperabile. Difficile, tuttavia, stabilire se il ricorso a impulcro sia qui suggerito dalla copia del poema in possesso del letterato veneziano o se sia il frutto originale – poligenetico, si direbbe, rispetto a Pa – di una riformulazione di pulcro o di appulcro; in questo secondo caso, si potrebbe parlare di un esempio di onomaturgia riflessa, riprendendo la felice formula proposta da Verlato43.
Certo è che la lezione impulcro dimostra di godere di una certa vitalità; se ne rileva traccia anche nel commento dell’Anonimo Fiorentino (databile alla fine del XIV secolo), che non esita a rimarcare la carica innovativa della forma verbale recepita. Si noti anche come, in forza del prefisso, impulcrare venga qui posto in corrispondenza con imbellire:
Quale ella sia parole non c’inpulcro: Inpulcro è verbo innovato, et declinasi pulcro pulcras, per addornare, per imbellire. Qual sia, vuol dire, questa zuffa, io non ci addorno parole, cioè non ci spendo.
(Anonimo Fiorentino, Commento, ad locum)44
Veniamo ora alla lezione pulcro, attestata, si diceva, dalla più parte dei testimoni dell’antica vulgata. Il suo rilievo trova immediata conferma nelle edizioni moderne ispirate a criteri alternativi che, sulla scorta dei codici di riferimento o di diverse ricostruzioni stemmatiche, arrivano ad ammetterla a testo. Legge «parole non ci pulcro», in particolare, Antonio Lanza, che fonda la sua edizione sul Trivulziano 1080 (Milano, Biblioteca dell’Archivio Storico Civico e Trivulziana)45, codice esemplato nel 1337 da Francesco di ser Nardo: si tratta, com’è noto, del più antico testimone datato d’area fiorentina. Sulla stessa linea si colloca anche l’edizione approntata da Federico Sanguineti, che elegge a codex optimus l’Urbinate latino 366 (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana)46, datato 1352, di area emiliano-romagnola, prediligendo tuttavia «parlar» a «parole»47. Infine, si dirige con decisione verso pulcrare il Gruppo ferrarese, che precisa:
Se l’antica vulgata tramanda sia pulcro sia, soltanto in Co Fi Ham Parm, a pulcro / ap(p)ulcro (poi nell’aldina e derivate), il nostro canone presenta compattamente il raro pulc(h)rare, che nel latino medievale vale ‘decorare, abbellire’ [...]. Scartiamo quindi tranquillamente le lezioni c’è pulcro / ci è pulcro, in rima identica con il pulcro del v. 58, e, come Sanguineti, accogliamo la lezione ci pulcro48.
Rispetto a Sanguineti, tuttavia, i curatori Tonello e Trovato restano su «parole», lezione che appare preferibile non soltanto per ragioni ecdotiche:
[...] parlar crea ipometria (a meno di non ipotizzare un inaudito sia bisillabo) e anche l’ovvio emendamento parlare darebbe luogo a una sequenza inconsueta nella Commedia, dove di norma non è preceduto da -r (esseR NON lassa, sapeR NON à, udiR NON potti, giR NON sa, esseR NON può, esseR NON deggio...). Assumiamo quindi parole, testimoniato quasi al completo da γ (Virgilio che, nonostante la sua parola ornata, non intende pulcrare parole su un argomento del genere si opporrebbe a quanti usano anche a fini malvagi parole ornate, come, a If xviii 91, si dice facesse Giasone)49.
Ancora sul fronte delle edizioni, ma compiendo un significativo salto all’indietro, si osserverà che anche la Commedia curata dagli Accademici della Crusca, edita nel 1595, dà conto della fortuna della lezione pulcrare, registrandola in margine50. Tale edizione, definita da Folena il «primo tentativo moderno di edizione critica»51, presenta infatti un sistema razionale di postille sui margini interni ed esterni della pagina ideato per la segnalazione delle lezioni alternative: un sistema che, per certi aspetti, si lascia accostare proprio a quello di un moderno apparato52.
Concorre ad assegnare un certo rilievo alla lezione anche la prima esegesi del poema. Reca ci pulcro (con rasura di una lettera dopo ci) il testo della Commedia copiato da Andrea Lancia (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Fondo Nazionale, II I 39), autografo databile attorno agli anni Quaranta del Trecento, senza però offrire una glossa al passo53. Si soffermano sul verbo, invece, Guglielmo Maramauro nella sua Expositione sopra l’Inferno, databile agli anni 1369-1373 – richiamando peraltro, come l’Anonimo Fiorentino, il collegamento al latino pulchrare –, e Boccaccio, nelle Esposizioni sopra la Comedia di Dante del 1373-137454:
«E quale essa sia, cioè la buffa, parole non te pulcro», cioè polisco o adorno; et declinatur pulcro, pulcras, pulcrat.
(Maramauro, Expositione, ad locum)
Quale ella sia, la zuffa di costoro, parole non ci pulcro, cioè non ci ordino, o non ci abellisco, dicendo; quasi voglia dire che assai di sopra sia stato dimostrato.
(Boccaccio, Esposizioni, ad locum)
Sarà utile precisare che il lavoro di censimento compiuto dal redattore del VD di norma non comprende anche la varia lectio testimoniata dai più antichi commenti; né esiste, almeno per il momento, una sede deputata alla sua registrazione sistematica all’interno delle schede. È tuttavia evidente, in casi come quello in esame, come anche dall’esegesi trecentesca possano giungere apporti preziosi per la valorizzazione della fortuna e del peso linguistico di alcune forme disponibili nella tradizione.
5. Una valutazione lessicografica
Le ragioni che spingono gli editori richiamati ad ammettere a testo pulcrare non convincono Giorgio Inglese, che sostiene con decisione «l’indubbia qualità difficilior del dantismo ap(p)ulcrare»55. Lo stesso editore chiarisce la possibile genesi della corruttela a partire da un’erronea segmentazione cia p- (come in Ash: nonci‹a› pulcro), «a sua volta intesa come ci à pulcro in una linea che porta a Benv[enuto]: “non c’è pulcro idest non est delectabile”»56. Si potrà senz’altro ammettere che appulcrare si offra come una soluzione difficilior sul piano morfologico, in quanto composizione parasintetica (assimilabile ad altre audaci neoformazioni verbali dantesche, come adimare, arruncigliare, attergare, avviticchiare ecc., per limitarci a quelle generate con il medesimo prefisso)57, e forse, in seconda istanza, anche sul piano semantico, per il più sottile gioco che tale forma sembra istituire con parole alla luce di un parallelismo con abbellire o, meglio, con adornare (verbo, quest’ultimo, che può evocare il lessico tecnico retorico, come già rilevato)58.
Osservazioni simili non possono, com’è evidente, trovare il disinteresse del redattore, al quale, tuttavia, non è richiesto un giudizio meramente ecdotico del materiale lessicale raccolto. Senza mai perdere di vista i princìpi lessicografici che lo ispirano, il lavoro di spoglio e di selezione condotto sulla varia lectio dev’essere inteso a far emergere le tante modalità con cui la lingua dantesca, «tanto dirompente rispetto agli schemi consueti, è stata recepita nello spazio, nel tempo e nei diversi ambienti»59, valorizzando dunque non soltanto quelle lezioni filologicamente indecidibili, ma anche tutte quelle alternative che, pur non appartenendo, con buona probabilità, alla penna dell’autore, possano offrire oggi tasselli preziosi alla ricostruzione del patrimonio lessicale del tempo (com’è il caso di imbiaccare); nonché quelle lezioni che, generate o comunque sollecitate dal testo del poema, abbiano attraversato i rami della tradizione fino a coagularsi in forme appartenenti di fatto alla nostra lingua poetica (come dimostra, per esempio, il recupero di impulcrare in Nadal).
In ogni modo, se l’implementazione della variantistica nelle maglie lessicografiche del VD non si fonda su valutazioni esclusivamente ecdotiche, è altresì auspicabile che possa aiutare a formularne: tali schede mettono infatti a disposizione materiale prezioso anche per il filologo, il quale, proprio con il sostegno di una più ampia documentazione storico-linguistica, potrà proporre scelte testuali nuove e più rigorose. Appare insomma evidente come il laboratorio di quest’impresa, che, a monte, si avvale dei risultati dei cantieri testuali che operano sul poema, a valle possa tornare a rivolgersi proprio a questi ultimi, facendo così funzionare in modo finalmente virtuoso quel circolo che da sempre stringe filologia e lessicografia.
Note
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Sul tema dell’apertura del VD alla variantistica si dispone ormai di un’ampia bibliografia, quasi decennale. Pur rimandando al sito del progetto (www.vocabolariodantesco.it, sezione Il progetto → Pubblicazioni e interventi) per un elenco completo e in costante aggiornamento dei contributi già editi, si ricordano qui anzitutto le relazioni tenute nel 2015 da Paola Manni (Ead. 2018) e da Zeno Verlato (Id. 2016), che hanno offerto la prima presentazione pubblica dell’impresa lessicografica e una discussione dei suoi criteri fondamentali. Tra i contributi successivi più direttamente impegnati sul tema della variantistica e dei suoi problemi metodologici, sono senz’altro imprescindibili: Coluccia R. 2019 e Id. 2020, De Blasi-Fanini-Lorenzi Biondi-Ricotta 2020, Coluccia R.-Manni 2021; Coluccia R. 2024; Manni 2025. Come più volte osservato in tali studi, «l’archetipo scientifico» (Coluccia R. 2020, p. 142) di quest’attenzione lessicografica alla varia lectio è offerto da Giovanni Nencioni, che, in un suo celebre intervento al convegno Studi e problemi di critica testuale (Bologna, 7-9 aprile 1960), invitando la filologia e la lessicografia storica a una più proficua cooperazione, incoraggiava la seconda a una maggiore apertura verso «tutte le manifestazioni linguistiche», comprese «le deviazioni amanuensistiche e tipografiche». La relazione, intitolata Filologia e lessicografia a proposito della “variante”, è stata pubblicata negli atti del Convegno di studi di filologia italiana nel centenario della Commissione per i testi di lingua (Bologna, Commissione per i Testi di Lingua, 1961, pp. 183-192) ed è poi confluita in Nencioni 1983, pp. 57-66, da cui si cita (p. 62).
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Si veda ancora Nencioni 1983, pp. 61-62: «La buona edizione, e a fortiori l’edizione tecnicamente “critica”, tendono a certificare la lingua individuale degli autori, recuperandola, quando è il caso, dalle sviste o dalle manomissioni arbitrarie di copisti e stampatori. Ma quest’ultime, che per il filologo editore sono veri e propri guasti, per lo storico della lingua e per il lessicografo sono interpretazioni o, per tenersi in limiti più specifici, traduzioni nella lingua del copista, del tipografo o del correttore di bozze; la quale, benché sia anch’essa, a rigore, individuale, dovrà rassegnarsi, salvo il caso che quegli individui acquistino un peso singolare, a fungere da testimonianza cosiddetta collettiva, cioè dell’uso linguistico del tempo e del luogo dove il manoscritto fu copiato o composto tipograficamente».
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Finanziato dall’Unione europea - Next Generation EU, Missione 4, Componente 1, CUP B53D23022400006. Per una descrizione più ampia del progetto si rinvia alla pagina dedicata, accessibile all’indirizzo https://www.letterefilosofia.unifi.it/vp-1030-piano-nazionale-di-ripresa-e-resilienza-pnrr.html.
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Per le prime, cruciali fasi della progettazione e dell’avvio del programma, l’unità fiorentina si è avvalsa della guida di Paola Manni.
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Attualmente sono titolari dell’assegno di ricerca Francesca Carnazzi e Valentina Iosco; quest’ultima è subentrata, per il secondo anno del PRIN, a Francesca Spinelli.
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Di tali fasi dà ampiamente conto la bibliografia già ricordata (supra, nota 1).
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Alighieri/Petrocchi 1994.
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Fra le edizioni più antiche, ci si limita a quella, storica, realizzata dagli Accademici della Crusca (Alighieri/Crusca 1595).
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Oltre al primo volume già edito, ossia l’Inferno curato da Elisabetta Tonello e Paolo Trovato, con commento di Luisa Ferretti Cuomo (2022), si guarda ai numerosi contributi prodotti contestualmente all’avanzamento della ricerca e ai materiali già predisposti per le altre due cantiche.
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Fra queste si dovranno ricordare anche Alighieri/Bellomo 2013 (Inferno) e Alighieri/Bellomo-Carrai 2019 (Purgatorio), nonché l’edizione in corso di pubblicazione per cura di Enrico Malato nella collana della NECOD, di cui è già uscita la prima cantica (cfr. Alighieri/Malato 2021).
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Cfr. Alighieri/Inglese 2021, Introduzione.
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A rilevarlo è Cristiano Lorenzi Biondi nel contributo collettivo De Blasi-Fanini-Lorenzi Biondi-Ricotta 2020, p. 57.
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Si veda supra, nota 1.
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Si cita dalla pagina Introduzione, § 2 (La selezione delle varianti e la loro tipologia), del sito del VD.
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Sul valore dell’etichetta variante adiafora, cfr. De Blasi-Fanini-Lorenzi Biondi-Ricotta 2020, p. 62 e bibliografia ivi indicata.
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Per un approfondimento ed esempi utili, si rinvia ancora al medesimo contributo di De Blasi-Fanini-Lorenzi Biondi-Ricotta 2020, con particolare riferimento alle pp. 57-66. Ai contributi ivi richiamati, si aggiungano le recenti osservazioni raccolte negli atti del Convegno internazionale Le lingue di Dante. Nuovi strumenti lessicografici: il VD e il VDL, tenutosi nel novembre del 2023, di cui è in corso la pubblicazione (Albanese-Coluccia R.-Manni-Pontari 2024; in particolare, nell’ambito del volgare, sono discussi alcuni casi di varianti in Coluccia R. 2024; Fanini 2024 e Verlato 2024).
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Cfr. Il Vocabolario → Schede pubblicate all’interno del sito del VD. La maschera consente di applicare numerosi filtri di ricerca alla lista dei lemmi pubblicati, fra i quali includi [var.], escludi [var.] e solo [var.].
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L’ultimo controllo è del 17/12/2024. Per ulteriori dati sull'avanzamento redazionale alla fine del 2024 si veda Albanese-Coluccia R.-Manni-Pontari 2024, Premessa. Per un quadro in costante aggiornamento si rinvia alla pagina Il Vocabolario → Avanzamento all'interno del sito.
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Cfr. VD s.v. imbiancare [data redazione: 31.5.2017; ultima consultazione: 17/12/2024]. La voce e la variante sono state oggetto di una prima discussione, da parte di chi scrive, in un intervento presentato al seminario AlmaDante del 2016 (Bologna, Dipartimento di Filologia classica e Italianistica dell’Università di Bologna, 8-10 giugno 2016), di cui non sono mai usciti gli atti. Il titolo della relazione era Per il “Vocabolario Dantesco”: il ruolo della variante.
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Così Francesco da Buti: «Già s’imbiancava; questo dice, perché quando la Luna si leva, innanti appare l’albòre che si chiama Aurora de la Luna, al balzo: è luogo alto dove si monta e scende, d’oriente: imperò che già biancheggiava l'oriente per l’apparimento de la Luna, Fuor de le braccia del suo dolce amico; cioè di Titone, secondo la lettera: perché risponda a la finzione dice che s’era levata del letto dall’abbracciamento di Titone suo bagascio; ma secondo l’allegorico intelletto vuole significare che era chiara l’Aurora, che non era adombrata da’ vapori terrestri» (Francesco da Buti/Giannini 1858-1862, ad locum).
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Cfr. TLIO s.v. imbiancare, § 1.1 [ultima consultazione: 17/12/2024].
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Cfr. Benvenuto da Imola/Lacaita 1887, ad locum.
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Per una ricostruzione di tale lettura, sostenuta anzitutto da Francesco Torraca, rimando a Verlato 2024, § 2.II.
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Il richiamo alla luce del verbo dantesco, del resto, pare confermato anche da altre occorrenze; in particolare, risulta esplicito a Inferno II 128 («Quali fioretti dal notturno gelo / chinati e chiusi, poi che ’l sol li ’mbianca») e Paradiso VII 81 («Solo il peccato è quel che la disfranca / e falla dissimìle al sommo bene, / per che del lume suo poco s’imbianca»), in cui imbiancare traduce gli effetti di una fonte luminosa reale (il sole) o divina. Cfr. VD s.v. imbiancare, § 2 [ultima consultazione: 17/12/2024].
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Per la datazione del codice e per la sua collocazione geolinguistica (Toscana occidentale), cfr. Boschi Rotiroti 2004, p. 109, n. 8; Romanini 2007, p. 53; Trovato 2007.
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Cfr. Bessi 1982, p. 163. Si cita dal Testo V; gli stessi versi ricorrono anche nel Testo P, con lievi cambiamenti (che tuttavia non intaccano il nostro verbo): «La Nencia mia, quando la va alla festa, / ella s’addorna che par una perla; / e·lla si liscia e ’mbiacca et sì ·ss’assetta», 29, 1-3 (cfr. ivi, p. 191).
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Cfr. TLIO s.v. imbiaccare [ultima consultazione: 17/12/2024]. La frottola si legge in un contributo di Claudio Giunta (cfr. Id. 2004, p. 53), che sceglie di pubblicare il componimento come un testo in prosa.
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Cfr. GDLI s.v. imbiaccare.
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Dell’errore avverte in nota la stessa voce del TLIO: cfr. § 0.6 N, s.v. imbiaccare. L’edizione citata dal GDLI (la stessa inserita nelle banche dati dell’OVI, cioè il Volgarizzamento di Palladio, a cura di Paolo Zanotti, Verona, Ramanzini, 1810), infatti, legge: «E nel terzo luogo poi imbiuta con marmo polverizzato con calcina insieme a bellezza di bianco» (ivi, p. 23).
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Cfr. TLIO s.v. imbiaccato, § 1 [ultima consultazione: 17/12/2024].
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Pressoché identico il testo della terza redazione (cfr. ancora TLIO s.v., § 1.2 [1]), che è oggi datato alla metà del XIV secolo (cfr. Lorenzi Biondi 2015). Nell’originale latino si legge «omnium istorum personata felicitas est» (Sen., Ep. IX, 80, 8). A spingere il volgarizzamento verso il ricorso a un termine della cosmetica è tuttavia l’intermediario francese, che legge «fardée», cioè ‘truccata, imbellettata’ (Paris, Bibliothèque Nationale de France, Fr. 12235, c. 64r).
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Cfr. Verlato 2024, § 2.II.
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Cfr. VD s.v. appulcrare [data redazione: 31.5.2017; ultima consultazione: 17/12/2024]. Come imbiancare, anche questo caso ha avuto una prima discussione nell’intervento per AlmaDante 2016 (cfr. supra, nota 19). Un’interessante ricostruzione della diffusione dell’espressione idiomatica parole non ci appulcro nell’italiano contemporaneo – attenta anche alle questioni filologiche connesse al nostro verbo – si legge in Coluccia C. 2022, pp. 11-16. Sulle lezioni alternative di appulcrare come ‘neologismi riflessi’ si vedano ancora le recentissime osservazioni di Verlato 2024 (in partic. § 2.I), di imminente pubblicazione. Ringrazio l’autore di aver letto queste pagine, offrendomi, con la sua consueta generosità, molti preziosi suggerimenti.
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Il verbo è censito fra le neoformazioni dantesche da Di Pretoro 1970, p. 9, e Viel 2018, p. 38. Anche il VD assegna ad appulcrare la marca ‘neologismo’ (richiamabile dalla maschera di ricerca), adottando tuttavia una posizione più prudente: la necessità di presentare tale dato con una sfumatura dubitativa – per la verità, sempre opportuna nell’attribuzione di etichette tanto nette – è, nel caso specifico, suggerita dalla particolare situazione testuale del passo, che, come vedremo, induce altri editori del poema ad accogliere una lezione diversa.
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Come fa notare ancora Di Pretoro 1970, p. 9, in latino sono attestati pulchrificare e pulchrescere, verbi costruiti su plucher che potrebbero aver agito come modelli per la formazione dantesca. Il primo si trova peraltro impiegato come traducente nel commento di Guido da Pisa: «parole non ci apulcro, idest verba ad hoc exprimendum non pulcrifico» (Guido da Pisa/Rinaldi 2013, ad locum). Si segnala, inoltre, che nel Du Cange, accanto a pulchrifacere e pulchrificare, è registrata la forma pulchrare sulla scorta di un ms. non identificato delle Derivationes («Pulchrare: Decorare, Ugutioni», DC s.v.); tale attestazione manca nell’edizione critica di riferimento (cfr. Uguccione/Cecchini 2004, P 52; cfr. anche Alighieri/Tonello-Trovato 2022, ad locum).
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Cfr. VD, TLIO [ultima consultazione: 17/12/2024] e GDLI, tutti s.v. appulcrare.
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Cfr. Verlato 2024, § 2.I, con riferimento alla Rettorica di Brunetto Latini: «Eloquenzia è sapere dire addorne parole guernite di buone sentenzie» (Latini/Maggini 1968, p. 14).
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Landino/Procaccioli 2001, ad locum. Coglie il possibile riferimento all’oratoria anche Francesco da Buti, spingendolo tuttavia sotto un’accezione eufemistica che, come nota ancora Verlato (Id. 2024, § 2.I), difficilmente potrebbe attagliarsi al discorso di Virgilio: «Quale ella sia; cioè se sia buona, o ria, o bella, o sozza, parole non ci appulcro; cioè non ci abbellisco parole, a dire com’ella sia fatta. Sogliono li retorici per onestare la cosa disonesta, abbellire con parole, sicché Virgilio dice che non intende di far così» (Francesco da Buti/Giannini 1858-1862, ad locum).
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Cfr. Alighieri/Petrocchi 1994, ad locum: «nel coniare il nuovo verbo Dante avrà pensato piuttosto a conservare l’analogia con bello e abbello (da abbellare, il cui gallicismo sarà poi a Par. XXVI 132; cfr. anche Purg. XXVI 140)».
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Cfr. Boschi Rotiroti 2004, p. 126, n. 137; Romanini 2007, p. 57.
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Cfr. Boschi Rotiroti 2004, p. 137, n. 225; Romanini 2007, p. 56.
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Si cita dall’ed. Nadal/Lippi 1996, p. 130.
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Verlato 2024, § 2. In ogni modo, come nota lo stesso studioso, è senz’altro originale la semantica del poeta veneziano: il «me impulcro» di Nadal vale infatti ‘mi fa piacere’ o ‘mi onora’.
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Si cita da Anonimo Fiorentino/Fanfani 1866-1874.
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Cfr. Boschi Rotiroti 2004, p. 134, n. 198; Romanini 2007, p. 59.
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Cfr. Boschi Rotiroti 2004, p. 114, n. 44; Romanini 2007, pp. 59-60.
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Si precisa inoltre che Urb legge sepolcro: polcro: polcro; tutte e tre le forme sono corrette dall’editore in direzione latineggiante. Per la collocazione geolinguistica del codice, oltre agli studi citati alla nota precedente, si veda Trovato 2007.
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Alighieri/Tonello-Trovato 2022, nota ad locum, pp. 72-73.
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Ivi, p. 73.
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Cfr. Alighieri/Crusca 1595, ad locum (§ 11).
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Folena 1966, p. 65.
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Sull’impresa filologica degli Accademici, cfr. almeno De Martino 2012.
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Cfr. Lancia/Azzetta 2012, ad locum.
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Si cita rispettivamente da Maramauro/Pisoni-Bellomo 1998 e Boccaccio/Padoan 1965. Legge sempre pulcro, ma con valore aggettivale, Benvenuto da Imola: «non c’è pulcro, idest non est delectabile» (Benvenuto da Imola/Lacaita 1887, ad locum). Per la possibile genesi di tale lettura si veda oltre, § V.
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Alighieri/Inglese 2021, ad locum.
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Ibidem; cfr. anche supra, nota 54.
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Sulle neoformazioni parasintetiche è ancor oggi imprescindibile il riferimento a Parodi 1957 (in particolare vol. II, pp. 263-268), e Tollemache 1960.
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Cfr. supra, § IV e nota 37.
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Manni 2018, p. 94.
Edizioni della Commedia
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Alighieri/Bellomo 2013 = Dante Alighieri, Inferno, a cura di Saverio Bellomo, Torino, Einaudi.
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Alighieri/Bellomo-Carrai 2019 = Dante Alighieri, Purgatorio, a cura di Saverio Bellomo e Stefano Carrai, Torino, Einaudi.
-
Alighieri/Crusca 1595 = La Divina Commedia di Dante Alighieri nobile fiorentino, ridotta a miglior lezione dagli Accademici della Crusca, In Firenze per Domenico Manzani (rist. anastatica: Torino-Firenze, Loescher-Accademia della Crusca, 2012).
-
Alighieri/Inglese 2021 = Dante Alighieri, Commedia, a cura di Giorgio Inglese, Firenze, Le Lettere (Società Dantesca Italiana, Edizione Nazionale delle Opere di Dante Alighieri), 3 voll.
-
Alighieri/Lanza 1996 = Dante Alighieri, La Commedìa. Testo critico secondo i più antichi manoscritti fiorentini, a cura di Antonio Lanza, Anzio, De Rubeis.
-
Alighieri/Malato 2021 = Dante Alighieri, Le opere, VI/1. La Divina Commedia. Inferno, a cura di Enrico Malato, Roma, Salerno Editrice.
-
Alighieri/Petrocchi 1994 = Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, a cura di Giorgio Petrocchi, Firenze, Le Lettere (Società Dantesca Italiana, Edizione Nazionale delle Opere di Dante Alighieri) [prima ed.: Milano, Mondadori, 1966-1967], 4 voll.
-
Alighieri/Sanguineti 2001 = Dantis Alagherii Comedia, edizione critica per cura di Federico Sanguineti, Tavarnuzze (Firenze), SISMEL - Edizioni del Galluzzo.
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Alighieri/Tonello-Trovato 2022 = Dante Alighieri, Commedia, I. Inferno, Edizione critica a cura di Elisabetta Tonello e Paolo Trovato; II. Commento, a cura di Luisa Ferretti Cuomo, Limena (PD), libreriauniversitaria.it edizioni, 2 voll.
Strumenti lessicografici e banche dati
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Corpus OVI = Corpus OVI dell’italiano antico, diretto da Pär Larson, Elena Artale e Diego Dotto, Istituto CNR Opera del Vocabolario Italiano, consultabile in rete all’indirizzo http://gattoweb.ovi.cnr.it/.
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DC = Glossarium Mediae et Infimae Latinitatis, conditum a Carolo du Fresne Domino Du Cange, [...] Editio nova aucta pluribus verbis aliorum scriptorum a L. Favre, Niort, 1883-1887, consultabile anche in rete all'indirizzo http://ducange.enc.sorbonne.fr/.
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GDLI = Grande Dizionario della Lingua Italiana, fondato da Salvatore Battaglia, poi diretto da Giorgio Bàrberi Squarotti, Torino, UTET, 1961-2002, 21 voll. (e successivi supplementi), consultabile anche in rete all’indirizzo www.gdli.it.
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LEI = Lessico Etimologico Italiano, fondato da Max Pfister, edito per incarico della Commissione per la Filologia romanza da Elton Prifti e Wolfgang Schweickard, Wiesbaden, Reichert, 1979-, consultabile anche in rete all’indirizzo https://www.lei-digitale.org/.
-
TB = Dizionario della lingua italiana, nuovamente compilato da Nicolò Tommaseo e Cav. Professore Bernardo Bellini [...], Torino, UTET, 1861-1879, 4 voll., consultabile anche in rete all’indirizzo http://www.tommaseobellini.it.
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TLIO = Tesoro della Lingua Italiana delle Origini, fondato da Pietro G. Beltrami e continuato da Lino Leonardi, oggi diretto da Paolo Squillacioti, in elaborazione presso l’Istituto CNR Opera del Vocabolario Italiano, consultabile in rete all’indirizzo http://tlio.ovi.cnr.it/.
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VD = Vocabolario Dantesco, diretto da Paola Manni e Lino Leonardi, in elaborazione presso l’Accademia della Crusca con la collaborazione dell'Istituto CNR Opera del Vocabolario Italiano, consultabile in rete all’indirizzo www.vocabolariodantesco.it.
Studi ed edizioni
- Albanese-Coluccia R.-Manni-Pontari 2024 = Le lingue di Dante. Nuovi strumenti lessicografici: il VD e il VDL, Atti del Convegno internazionale di studi (Firenze, 13-14 novembre 2023), a cura di Gabriella Albanese, Rosario Coluccia, Paola Manni, Paolo Pontari, Firenze, Le Lettere.
-
Anonimo Fiorentino/Fanfani 1866-1874 = Commento alla Divina Commedia d’Anonimo Fiorentino del secolo XIV, a cura di Pietro Fanfani, Bologna, Romagnoli, 3 voll.
-
Benvenuto da Imola/Lacaita 1887 = Benevenuti De Rambaldis De Imola, Comentum super Dantis Aldigherij Comoediam, nunc primum integre in lucem editum, a cura di Giacomo Filippo Lacaita, Firenze, Barbèra, 5 voll.
-
Bessi 1982 = La Nencia da Barberino, a cura di Rossella Bessi, Roma, Salerno Editrice.
-
Boccaccio/Padoan 1965 = Giovanni Boccaccio, Esposizioni sopra la ‘Comedia’ di Dante, a cura di Giorgio Padoan, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a cura di Vittore Branca, Milano, Mondadori, vol. VI.
-
Boschi Rotiroti 2004 = Marisa Boschi Rotiroti, Codicologia trecentesca della Commedia entro e oltre l’antica vulgata, Roma, Viella.
-
Coluccia C. 2022 = Chiara Coluccia, Sulle locuzioni idiomatiche dantesche nell’italiano contemporaneo, «Medioevo europeo. Rivista di filologia e altra medievalistica», 6/1, pp. 5-26.
-
Coluccia R. 2019 = Rosario Coluccia, Morfologie e funzioni degli apparati critici, in Atti del Convegno internazionale La critica del testo. Problemi di metodo ed esperienze di lavoro (Roma, 23-26 ottobre 2017), a cura di Enrico Malato e Andrea Mazzucchi, Roma, Salerno Editrice, pp. 83-92.
-
Coluccia R. 2020 = Rosario Coluccia, Cosa le varianti della Divina Commedia possono insegnare alla storia della lingua e alla lessicografia italiana, in «S’i’ ho ben la parola tua intesa», Atti della giornata di presentazione del Vocabolario Dantesco (Firenze, Accademia della Crusca, 1° ottobre 2018), a cura di Paola Manni, Quaderni degli «Studi di Lessicografia Italiana», pp. 141-156.
-
Coluccia R.-Manni 2021 = Rosario Coluccia-Paola Manni, Impostazione, metodo e finalità di una nuova impresa lessicografica: il Vocabolario Dantesco, in Actes du XXIXe Congrès international de linguistique et de philologie romanes (Copenhague, 1-6 juillet 2019), éd. par Lene Schøsler et Juhani Härmä (en collaboration avec Jan Lindschouw), 2 voll., Strasbourg, SLR/ELiPhi, I, pp. 805-814.
-
Coluccia R. 2024 = Rosario Coluccia, Lavorando al Vocabolario Dantesco, in Le lingue di Dante. Nuovi strumenti lessicografici: il VD e il VDL, Atti del Convegno internazionale di studi (Firenze, 13-14 novembre 2023), a cura di Gabriella Albanese, Rosario Coluccia, Paola Manni, Paolo Pontari, Firenze, Le Lettere, pp. 211-224.
-
De Blasi-Fanini-Lorenzi Biondi-Ricotta 2020 = Francesca De Blasi, Barbara Fanini, Cristiano Lorenzi Biondi, Veronica Ricotta, Nell’officina del VD: gli strumenti e il lavoro di redazione, in «S’i’ ho ben la parola tua intesa», Atti della giornata di presentazione del Vocabolario Dantesco (Firenze, Accademia della Crusca, 1° ottobre 2018), a cura di Paola Manni, Quaderni degli «Studi di Lessicografia Italiana», pp. 25-88.
-
De Martino 2012 = Domenico De Martino, «Della nostra favella questo divin poema è la miglior parte». Gli Accademici della Crusca tra Vocabolario e Commedia, in La Divina Commedia di Dante Alighieri nobile fiorentino, rist. anastatica, Torino-Firenze, Loescher-Accademia della Crusca, pp. XI- XXII.
-
Di Pretoro 1970 = Piero Adolfo Di Pretoro, Innovazioni lessicali nella “Commedia”, «Atti Accademia Nazionale dei Lincei. Rendiconti. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche», 25/5-6, pp. 263-297.
-
Fanini 2024 = Barbara Fanini, Gli effetti del «sùbito lampo». Una discettazione su Par. XXX 46, in Le lingue di Dante. Nuovi strumenti lessicografici: il VD e il VDL, Atti del Convegno internazionale di studi (Firenze, 13-14 novembre 2023), a cura di Gabriella Albanese, Rosario Coluccia, Paola Manni, Paolo Pontari, Firenze, Le Lettere, pp. 305-322.
-
Folena 1966 = Gianfranco Folena, La tradizione delle opere di Dante Alighieri, in Atti del Congresso internazionale di Studi danteschi (Firenze, 20-27 aprile 1965), a cura della Società Dantesca Italiana e dell’Associazione Internazionale per gli Studi di Lingua e Letteratura Italiana, Firenze, Sansoni, I, pp. 1-78.
-
Francesco da Buti/Giannini 1858-1862 = Commento di Francesco da Buti sopra la “Divina Commedia” di Dante Allighieri, a cura di Crescentino Giannini, Pisa, Nistri, 3 voll.
-
Giunta 2004 = Claudio Giunta, Sul rapporto tra prosa e poesia nel medioevo e sulla frottola, in Storia della lingua e filologia. Per Alfredo Stussi nel suo sessantacinquesimo compleanno, a cura di Michelangelo Zaccarello e Lorenzo Tomasin, Firenze, SISMEL - Edizioni del Galluzzo, pp. 35-72.
-
Guido da Pisa/Rinaldi 2013 = Guido da Pisa, Expositiones et glose. Declaratio super ‘Comediam’ Dantis, a cura di Michele Rinaldi, Roma, Salerno Editrice, 2 voll.
-
Lancia/Azzetta 2012 = Andrea Lancia, Chiose alla ‘Commedia’, a cura di Luca Azzetta, Roma, Salerno Editrice, 2 voll.
-
Landino/Procaccioli 2001 = Cristoforo Landino, Comento sopra la Comedia, a cura di Paolo Procaccioli, Roma, Salerno Editrice, 4 voll.
-
Latini/Maggini 1968 = Brunetto Latini, La Rettorica, Testo critico di Francesco Maggini, prefazione di Cesare Segre, Firenze, Le Monnier.
-
Lorenzi Biondi 2015 = Cristiano Lorenzi Biondi, Collazione tra redazioni. Esempi dalle Pistole di Seneca volgari, «Studi di filologia italiana», LXXIII, pp. 99-203.
-
Manni 2018 = Paola Manni (con la collaborazione di Rossella Mosti, Barbara Fanini e Luca Morlino), Per un nuovo Vocabolario Dantesco, in «Significar per verba». Laboratorio dantesco, Atti del Convegno (Udine, 22-23 ottobre 2015), a cura di Domenico De Martino, Ravenna, Longo, pp. 91-108.
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Manni 2025 = Paola Manni, La lessicografia di fronte alla varia lectio della Commedia. L’approccio del VD, in Tra filologia e linguistica italiana. Metodi e prospettive a confronto, Atti del Convegno della SFLI - Società dei Filologi della Letteratura Italiana (Firenze, 28-29 settembre 2023), i.c.s.
-
Maramauro/Pisoni-Bellomo 1998 = Guglielmo Maramauro, Expositione sopra l’Inferno di Dante Alligieri, a cura di Pier Giacomo Pisoni e Saverio Bellomo, Padova, Antenore.
-
Nadal/Lippi 1996 = Giovanni Girolamo Nadal, Leandreride, edizione critica con commento a cura di Emilio Lippi, Padova, Antenore.
-
Nencioni 1983 = Giovanni Nencioni, Filologia e lessicografia a proposito della “variante”, in Id., Di scritto e di parlato. Discorsi linguistici, Bologna, Zanichelli, 1983, pp. 57-66 [già in Studi e problemi di critica testuale, Atti del Convegno di studi di filologia italiana nel centenario della Commissione per i testi di lingua (Bologna, 7-9 aprile 1960), Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1961, pp. 183-192].
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Parodi 1957 = Ernesto Giacomo Parodi, Lingua e letteratura. Studi di teoria linguistica e di storia dell’italiano antico, Venezia, Neri Pozza Editore, 2 voll.
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Romanini 2007 = Fabio Romanini, Manoscritti e postillati dell’antica vulgata, in Nuove prospettive sulla tradizione della ‘Commedia’. Una guida filologico-linguistica al poema dantesco, a cura di Paolo Trovato, Firenze, Franco Cesati Editore, pp. 49-60.
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Tollemache 1960 = Federigo Tollemache, I parasinteti verbali e i deverbali nella “Divina Commedia”, «Lingua Nostra», XXI (1960), pp. 112-115.
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Trovato 2007 = Paolo Trovato, Tavola sinottica dei manoscritti trecenteschi della ‘Commedia’. Datazione e area linguistica, in Nuove prospettive sulla tradizione della ‘Commedia’. Una guida filologico-linguistica al poema dantesco, a cura di Paolo Trovato, Firenze, Franco Cesati Editore, pp. 229-241.
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Uguccione/Cecchini 2004 = Uguccione da Pisa, Derivationes, Edizione critica princeps a cura di Enzo Cecchini et alii, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2 voll.
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Verlato 2016 = Zeno Verlato, «Onorate l’altissimo poeta!». L’OVI e i lavori per il nuovo Vocabolario Dantesco, in Attorno a Dante, Petrarca, Boccaccio: la lingua italiana. I primi trent’anni dell’Istituto CNR Opera del Vocabolario Italiano (1985-2015), Atti del Convegno internazionale (Firenze, 16-17 dicembre 2015), a cura di Lino Leonardi e Marco Maggiore, Alessandria, Edizioni dell’Orso, pp. 229-255.
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Verlato 2024 = Zeno Verlato, Onomaturgia dantesca. Il punto di vista dell’esegesi e della lessicografia, in Le lingue di Dante. Nuovi strumenti lessicografici: il VD e il VDL, Atti del Convegno internazionale di studi (Firenze, 13-14 novembre 2023), a cura di Gabriella Albanese, Rosario Coluccia, Paola Manni, Paolo Pontari, Firenze, Le Lettere, pp. 249-287.
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Viel 2018 = Riccardo Viel, «Quella materia ond’io son fatto scriba». Hapax e prime attestazioni della Commedia, Lecce, Pensa MultiMedia.
Informazioni
- Data ricezione: 24/01/2025
- Data accettazione: 19/03/2025
- Data pubblicazione: 10/04/2025
- DOI: 10.35948/DILEF/2025.4363
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