In Anteprima | | Articolo sottoposto a Peer Review

Epigrafia manoscritta: Filippo Buonarroti (1661-1733) e i suoi ambienti tra Firenze e Roma.

Introduzione

 ARTICOLO SCIENTIFICO

  • Data ricezione: 29/08/2025
  • Data accettazione: 04/11/2025
  • Data pubblicazione: 27/11/2025

Abstract

L’introduzione illustra gli aspetti organizzativi degli incontri di studio legati al progetto Prodem-PRIN 2022, che hanno dato origine ai diversi contributi incentrati sulla figura di Buonarroti e degli ambienti antiquari a lui legati tra la fine del XVII e i primi decenni del XVIII secolo. Di tali contributi si forniscono descrizioni e interazioni reciproche.


The introduction illustrates the organizational aspects of the two seminars linked to the Prodem-PRIN 2022 project, which gave rise to the various contributions; they focus on Buonarroti and the antiquarian circles associated with him between the end of the 17th century and the early decades of the 18th century. Descriptions and mutual interactions of these contributions are provided.


Parole chiave
Keywords

I contributi qui raccolti e da me curati costituiscono la rielaborazione scritta di un evento concepito unitariamente, ripartito in due giornate, che si è tenuto a Firenze il 28 e 29 gennaio 2025. L’evento si è svolto all’interno delle attività del PRIN 2022 dal titolo A Pilot Project in the Digitisation of Epigraphic Manuscripts (ProDEM): Senator Filippo Buonarroti’s Papers and Antiquarian Culture under the Last Medicis. Del progetto, di cui sono PI, e che ha dunque sede amministrativa centrale presso il DILEF, fanno parte i gruppi di Roma Sapienza (responsabile Silvia Orlandi) e di Bari (responsabile Antonio Felle).

Il giorno 28 gennaio, nel Salone Monumentale della Biblioteca Marucelliana di Firenze (dove è conservata parte fondamentale della documentazione relativa a Filippo Buonarroti), Daniela Gallo, emerita dell’Université de Lorraine, ha tenuto la conferenza Dal libro al museo. Considerazioni sulla messinscena delle epigrafi tra XVII e XVIII secolo. La mattina successiva nella Sala Altana del nostro Dipartimento si è svolto un seminario "Epigrafia manoscritta", moderato dalla stessa D. Gallo, nel quale sono intervenuti alcuni dei principali ricercatori sui temi del progetto; nell’ordine, con titoli in parte diversi da quelli presentati in questa sede: Lucio Benedetti, Una lettera di Francesco Ficoroni ad Anton Francesco Gori nel ms. BMF A 6; Francesco Benassai, Un’iscrizione falisca secondo Cosimo dell’Arena e Filippo Buonarroti; Giovanni Almagno, Note epigrafico-topografiche a margine del ms. BMF A 43; Carlo Slavich, Estratti autografi della ‘Antiquarum Inscriptionum Explicatio’ di Raffaele Fabretti nei Papiers de Montfaucon. Alla pubblicazione di questi interventi si è aggiunto qui l’articolo di Valeria Ambriola, un’altra attiva partecipante al progetto, componente dell’unità di ricerca barese, che non aveva potuto essere presente in occasione del seminario.

Epigrafia manoscritta: Filippo Buonarroti (1661-1733) e i suoi ambienti tra Firenze e Roma è titolo che ricalca quello dell’incontro del 29 gennaio con in più una precisazione che ho inteso dare in quanto utile a sottolineare il forte nesso tra i contributi qui presentati e la figura del Buonarroti, che in ciascuno di essi emerge in primo piano o come personalità dietro le quinte.

Nell’incipit della ricerca di D. Gallo, è evocato il ruolo di Buonarroti come ammirato studioso, dai metodi “scientifici”, di materiali numismatici ed epigrafici, nonché amico di personalità rilevanti dell’antiquaria sin dal tempo della sua esperienza giovanile negli ambienti pontifici romani (a partire da poco dopo il 1680 sino al 1699, quando fu richiamato a Firenze dal Granduca Cosimo III). Anche in quanto alto funzionario di Cosimo III (al potere dal 1670 al 1723), e poi di Gian Gastone (1723-1737), egli doveva essere al corrente delle principali iniziative culturali che avvenivano in città, e in particolare di quelle legate al collezionismo epigrafico e alla valorizzazione del patrimonio monumentale antico. Tra queste, il contributo della Gallo si sofferma sul caso degli allestimenti di tipo museografico dello scultore e architetto granducale Giovanni Battista Foggini per il Ricetto della Galleria degli Uffizi e per il cortile delle colonne di Palazzo Riccardi, terminati entrambi agli inizi del decennio 1720. Ugualmente, sono considerati nello stesso contributo la gestazione e il completamento della galleria lapidaria del museo di Palazzo Nuovo al Campidoglio, negli anni del papato Corsini (Clemente XII, 1730-1740), allorché su una iniziale esposizione di oltre 500 iscrizioni si innesterà presto un corposissimo lotto di altre centinaia, vendute al papa poco prima della sua morte da un famoso e controverso personaggio dell’antiquaria romana, commerciante, guida turistica ed esperto d’arte e di epigrafia antica: Francesco de’ Ficoroni (1662-1747).

Di quest’ultima vendita si occupa anche il saggio di L. Benedetti, che trae alimento dal manoscritto A6 delle carte conservate in Marucelliana dell’allievo e epigono di Buonarroti, il fiorentinissimo Anton Francesco Gori: un manoscritto che contiene numerose epistole inviate dal Ficoroni a Gori. I due intrattennero una densa corrispondenza soprattutto nel periodo 1727-1747 e nell’allegato di una lettera perduta di Ficoroni a Gori, nei fogli 501r-510v, si trova un elenco di iscrizioni relative all’acquisto da parte di Ficoroni dell’eredità del cardinale e collezionista Filippo Antonio Gualtieri, comprendente un cospicuo numero di epigrafi, generalmente urbane, e che dopo alcuni passaggi di proprietà finirono appunto tra quelle del papa «per porle in Campidoglio» dove in larga misura sono ancora oggi.

È chiaro da quanto sin qui accennato che la connessione tra Firenze e Roma costituisce uno dei fili rossi sia del nostro progetto sia delle indagini qui presentate, e questo è del resto perfettamente in linea anche con la vita di Buonarroti, che come noto acquistò la sua fama di erudito e accademico già nei quasi quattro lustri di residenza romana e poi la accrebbe dopo essere tornato a Firenze, nominato senatore, segretario delle Riformagioni e auditore della giurisdizione ecclesiastica.

Il contributo di G. Almagno, che presenta i primi risultati dell’esame del mss. A43 della Marucelliana (il manoscritto di appunti inediti più importante per l’intero nostro ProDEM), si concentra specificamente sul profilo di Buonarroti scopritore e interprete di epigrafi, e scrupoloso disegnatore di apografi. Accanto alla ricostruzione di questo profilo, essenzialmente fatta sulla base di materiali lapidari urbani o attribuiti all’Urbe e in larga misura pubblicati nel VI volume del CIL (Corpus Inscriptionum Latinarum), l’articolo contribuisce alla rideterminazione dei luoghi di ritrovamento di un certo numero di epigrafi urbane anche grazie all’apporto degli appunti buonarrotiani, che pongono pure il problema dei ritrovamenti avvenuti al cospetto dell’antiquario e politico fiorentino.

Con un’analisi sui mss. A43 e A195, V. Ambriola esamina le fasi preliminari delle Osservazioni sopra alcuni frammenti di vasi antichi di vetro ornate di figure trovati nei cimiteri di Roma (Firenze 1716), le cui basi documentarie rimandano alle frequentazioni di siti come quelli catacombali che negli ultimi lustri del XVII secolo si rivelarono uno straordinario tesoro di iscrizioni e di oggetti di interesse archeologico e storico (oltre alle iscrizioni pagane e cristiane, vasi, ampolle, manufatti vari da instrumentum) suscettibili di essere descritti, studiati e all’evenienza musealizzati. Il focus della ricerca è posto sull’esegesi buonarrotiana delle iscrizioni cristiane di Roma (ora per lo più in ICUR-Inscriptiones Christianae Urbis Romae) sia per le connessioni con il volume sui frammenti vitrei che Buonarroti andava preparando sia per comprenderne meglio la “modernità” di epigrafista.

Tra i conoscenti più stretti del Buonarroti nella fase romana, sono noti in particolare monsignor Giovanni Giustino Ciampini (1633-1698), antiquario collezionista e amministratore presso la Cancelleria Apostolica, e il suo amico urbinate, giurista, archeologo e a sua volta collezionista, Raffaele Fabretti (1618-1700). Costoro in varie occasioni fecero fare a Filippo e ad altri viaggiatori e eruditi italiani e stranieri gite di ricognizione alla scoperta delle bellezze di Roma, del Suburbio e anche di aree un po’ più lontane.

F. Benassai mette a confronto il già più volte citato ms. A43 con il ms. Vat. Lat. 9140 e fornisce una serie di considerazioni di metodo e di merito a partire da una iscrizione falisca vista nel 1691 dal Buonarroti durante una passeggiata archeologica lungo la via Flaminia, sotto la guida giustappunto del Ciampini. Buonarroti la disegnò con precisione (e il disegno è pubblicato qui per la prima volta) e dal suo apografo è possibile offrire una nuova lettura del testo, di notevole interesse linguistico.

Il saggio di C. Slavich rovista in materiali epistolari della Bibliothèque Nationale de France (ms. Lat. 11919) per dissotterrare alcuni elementi dei rapporti difficili e per tanti aspetti contraddittori del summenzionato Raffaele Fabretti con il grande teologo, paleografo e antiquario benedettino dom Jean Mabillon, autore di un Iter Italicum susseguente a un suo lungo viaggio nella Penisola tra il 1685 e il 1686 con il suo confratello dom Michel Germain e pubblicato poco dopo il ritorno in Francia, nel 1687. Tra i molti aspetti rilevanti considerati ‒ nel quadro di una conoscenza già caratterizzata da una stima reciproca tra esponenti della Repubblica delle Lettere, e da altri incroci relazionali complessi ‒ si ricorda la critica resa pubblica da Mabillon, sotto pseudonimo, mediante un’epistola De cultu sanctorum ignotorum, tesa a stigmatizzare la spudorata faciloneria (ma evidentemente dettata da esigenze teologiche e politiche nonché da interessi economici) con la quale esponenti, come lo era Fabretti, degli ambienti papalini tendevano a ritenere le catacombe romane e del suburbio come largamente popolate da sepolture e reliquie di santi e martiri. Una critica che ebbe anche strascichi presso il tribunale dell’Indice e che aveva anche velenosi retroscena e implicazioni legati al rapporto non privo di tensioni e rivalità politico-culturali tra l’Italia e la Francia del tempo.

Con questa miscellanea, grazie alle diverse angolazioni dei saggi che la compongono, intendiamo offrire un contributo originale su singoli documenti, relazioni sociali, personalità della cultura antiquaria tra Sei e Settecento (con sullo sfondo la Firenze tardomedicea di Cosimo III e Gian Gastone e la Roma pontificia da Innocenzo XI a Clemente XII), e ugualmente intendiamo tornare a riflettere sulla tradizione manoscritta quale strumento imprescindibile in grado di aprire nuove piste di ricerca agli studi epigrafici, e sul ruolo svolto da tale punto di vista da Filippo Buonarroti.

Informazioni
Cita come: Giovanni Alberto Cecconi, Epigrafia manoscritta: Filippo Buonarroti (1661-1733) e i suoi ambienti tra Firenze e Roma. Introduzione in DILEF. Rivista digitale del Dipartimento di Lettere e Filosofia - 5 (2025), pp. 1-4. 10.35948/DILEF/2025.4383
Condivisione della ricerca